DC Sardegna, ottobre 1992
Non credo sia necessario scomodare la storia per sottolineare questa fase della nostra politica.
Questa è una vicenda che di tutto ha bisogno fuorché di un supplemento di enfasi laudativa. E neppure di un’enfasi oppositoria rancida, scontata, prevedibile negli argomenti.
Piuttosto abbiamo il dovere di esprimere un leale giudizio politico che preceda e dia il senso dell’elezione del Presidente della Giunta regionale.
Noi non dobbiamo giustificare le ragioni della nostra fiducia nel Presidente Cabras: esse sono note e non recenti. Piuttosto dobbiamo rendere ragione del tragitto che abbiamo compiuto in queste settimane.
Per fare chiarezza su quel che non c’era, su quello che esiste e su quello che può esserci.
Non c’era una maggioranza assediata in attesa di soccorso, così non abbiamo mai pensato di interpretare la partecipazione del Psd’Az e PDS al governo come una cooptazione.
Non ci sono soci aggregati ma neppure salvatori della patria.
AI centro del dibattito politico in Sardegna sono i contenuti di un’azione di governo. Viviamo una stagione di riforme, o meglio una stagione in cui è forte il bisogno di riforme.
E’ cresciuta in Italia una incredibile opposizione sociale: oggi si avverte la necessità di una risposta, c’è bisogno di governo.
E’ in corso un processo rapidissimo di trasformazione del sistema politico e delle istituzioni, un processo al quale la Sardegna partecipa, con tutte le peculiarità della sua dimensione autonomistica.
Viviamo una crisi senza precedenti di quell’equilibrio economico finanziario sul quale si è consolidata una fase del nostro sviluppo, nel quale è maturato un periodo di crescita apparentemente inarrestabile della ricchezza nazionale, dei consumi, della qualità della vita, delle libertà individuali.
Certo è maturata in questa lunga fase del nostro sviluppo anche una lunga storia di contraddizioni e di distorsioni, che plasticamente si riassumono nel dilagare patologico del debito pubblico e, in simmetrica configurazione, nell’esplosione di spinte laceranti dei valori fondanti dell’unità nazionale.
In questo contesto il drammatico settembre della nostra valuta, l’esplosione accelerata di un processo recessivo e le pesanti misure di risanamento e di rigore avviate dal governo.
In questo quadro di riferimento politico ed economico in coincidenza temporale con le dimissioni della Giunta regionale, non in sequenza causale abbiamo aperto un confronto politico Ira tutti i gruppi del Consiglio regionale sardo che si ispirano ai valori fondanti della nostra Autonomia.
Un confronto per il governo della crisi, per porre al centro della nostra politica il problema delle Riforme e dell’emergenza.
Per noi conta più di ogni convenienza, la disponibilità a farci carico insieme dei contenuti di governo in una prospettiva di rigore, trasparenza e determinazione per difendere il nostro sistema economico, le parti deboli della società sarda e quindi le ragioni ultime della nostra Autonomia.
Per procedere in questa direzione c’è bisogno del concorso più largo dei partiti, degli uomini che sono nei partiti, delle forze migliori della Sardegna.
Abbiamo iniziato una fase di confronto tanto breve quanto urgente: e la definizione della nostra politica.
In questi giorni sono emerse convergenze tanto estese quanto larga è la consapevolezza dell’emergenza.
Abbiamo registrato con sincero disappunto il disimpegno sardista: a nostro parere intempestivo, infondato e forse ingeneroso rispetto alle nostre intenzioni.
lo riconfermo l’invito, già rivolto al segretario Italo Ortu, ad una ulteriore riflessione sulla necessità di concorrere, al di là dei ruoli del passato e forse del futuro, alla definizione di un comune programma di governo.
Abbiamo per converso registrato una notevole convergenza fra gli altri gruppi sugli indirizzi di politica economica, istituzionale, ambientale.
In un confronto di questo genere nessuno può avere la pretesa di segnare da solo il percorso nessuno può da solo pretendere di identificare le proprie opzioni con le cose possibili.
Tutti abbiamo contribuito, finora, in spirito di grande disponibilità.
Appare pertanto incomprensibile, fastidioso, il tono e la lettera di alcune dichiarazioni riferite in questi giorni, ancora oggi, dai quotidiani sordi, come espresse dai dirigenti del PIDS.
Abbiamo letto di alcuni generali che tranquillizzavano le truppe parlando di sfondamento su tutta la linea.
Noi pensiamo, confidiamo in una improvvida interpretazione giornalistica.
Questa raffigurazione rischia da una lato di avere in se i germi dissolutivi di qualunque solidarietà ancorché assai lontana dalla veridicità dei comportamenti.
Io credo che tutto questo non sarà.
Il nostro confronto e stato finora una cosa molto seria. Sono certo che tutti abbiamo interesse a continuarlo e concluderlo in questo spirito.
Con molta disponibilità reciproca, con molto rispetto per le nostre posizioni, per la nostra storia, per i nostri uomini.
La grande novità che oggi a noi tutti viene richiesta è di essere meno egoisti, di abbandonare le liturgie di una politica degli schieramenti, delle fazioni, degli opportunismi, di una politica declinata come mestiere, di una stanca ripetizione di parole vuote ma di privilegiare il coraggio dei comportamenti e della coerenza, anche personale, prima di tutto personale, di ognuno di noi con gli obblighi che abbiamo – e sono tanti – verso la comunità regionale.
Voglio dire che non esiste – e nessuno l’ha percepita – una resa di alcuni alle “condizioni” di altri. Né alcuno ha posto condizioni
– ufficiali o ufficiose – come una sorta di concessione taumaturgica a sostegno di operatori deboli, per non dire esausti.