Il governo chiede alle Camere di esprimersi circa il Patto sociale siglato poco prima di Natale. In Aula, il ministro del Lavoro Antonio Bassolino sottolinea l’importanza della concertazione – il Patto è stato sottoscritto da 32 sigle – e invita le forze politiche a dare un giudizio “non ideologico” circa uno strumento che nasce per garantire lo sviluppo e l’occupazione. Polo, Lega e Rifondazione, con motivazioni diverse, votano contro. La maggioranza dà comunque il via libera.
Camera dei Deputati, 14/01/1999
Voglio esprimere al Governo il sostegno del gruppo dei Popolari e Democratici – l’Ulivo per l’azione svolta in questi mesi e la nostra condivisione dei contenuti del patto per lo sviluppo e l’occupazione. Questa nostra convinzione non si è attenuata ascoltando con attenzione gli argomenti manifestati dall’opposizione in questi due giorni di dibattito.
Alcuni argomenti ci sono sembrati sinceramente pretestuosi; altri ci sono sembrati seri, ancorché non condivisibili. Altri colleghi hanno sottolineato – lo ha fatto lo stesso ministro Bassolino nella sua replica – quanto appaia contraddittoria, e in qualche misura spropositata, la lunga elencazione di aggettivi che hanno accompagnato l’idea di un esproprio del Parlamento e di una seria lesione delle prerogative costituzionali ad esso assegnate, per effetto della sottoscrizione del Patto da parte di trentadue associazioni rappresentative del mondo del lavoro e della produzione nel nostro paese.
Altri colleghi hanno sottolineato come, già nel 1993, una analoga manifestazione di grande accordo tra le parti sociali – ancorché più ristretta rispetto alla larga partecipazione che ha incontrato il Patto – abbia avuto luogo al di fuori del Parlamento, senza che quest’ultimo fosse chiamato ad esprimere un giudizio o a formulare un voto.
Voglio ricordare che il Parlamento ha votato il Documento di programmazione economica e finanziaria e che dovrà votare i singoli provvedimenti conseguenti alla sua attuazione, nonché quelli coerenti con i contenuti del Patto per lo sviluppo e l’occupazione; il Parlamento ha, altresì, votato la fiducia al governo e, con essa, la fiducia al programma che il governo ha voluto presentare.
In un tempo in cui, da parte del Polo – e non solo – si richiede una riforma complessiva della Costituzione che dia più poteri al governo e che modifichi le prerogative dell’esecutivo in direzione di un rafforzamento dello stesso, si contesta al governo l’esercizio delle prerogative che già sono fissate dall’attuale Costituzione.
E questo argomento sembra ancora più contraddittorio, ove lo si associ al giudizio che anche stamane ho colto nell’intervento, per altri versi sempre apprezzabile, dell’onorevole Martino, che ha definito il Patto per il lavoro un libro dei sogni. Si contesta la coerenza alla Costituzione per aver sottoscritto un libro dei sogni! Credo che al fondo di questi giudizi che, lo ripeto, mi sembrano francamente pretestuosi, vi sia più il disagio, in qualche modo il fastidio, per un grande successo colto dal governo a soli due mesi dal suo insediamento.
L’altro rilievo, che invece ritengo serio ancorché non condivisibile, riguarda il giudizio complessivamente espresso nei confronti della concertazione, dell’idea che sottende questa iniziativa del governo. La concertazione è ritenuta utile forse per far fronte alla politica dei redditi, al risanamento dei conti pubblici del nostro paese e della stessa economia, ma non utile e inaccettabile, configurata come un qualcosa di neo corporativo, nel momento in cui si affrontano i problemi della prospettiva dello sviluppo e della crescita dell’economia.
Questo è un argomento serio, perché chiama in causa i modi diversi attraverso i quali le forze politiche nel nostro paese si dispongono nei confronti delle sfide che ci attendono rispetto alle novità della nostra “appartenenza” ad una competizione che non è solo economica ma anche politica e generale nei confronti delle altre comunità che si riconoscono nell’unione monetaria, e delle sfide che ci attendono in una competizione che investe ormai il pianeta.
Dopo il varo della moneta unica, dopo la fissazione dei parametri di compatibilità finanziaria, occorre – lo ha detto il Presidente del Consiglio – puntare su una grande convergenza intorno a quelli che nella nostra Unione europea sono obiettivi di sviluppo, di occupazione, di tutela e di allargamento dei diritti di cittadinanza delle persone. Credo che le sfide dei governi e delle cancellerie europee, nei prossimi mesi, nei prossimi anni, si giocheranno intorno al tentativo di unificare le politiche fiscali, le politiche per regolare il mercato del lavoro e le politiche di tutela dei diritti sociali.
Pensiamo di dover partecipare a questa sfida e di dover mettere in regola tutte le nostre carte. Non sono sufficienti (ancorché elemento di grande orgoglio e soddisfazione non solo per la maggioranza di questo governo, ma anche per la comunità italiana) gli elementi di nuovo equilibrio dei conti pubblici, della nostra finanza, gli elementi fondamentali, sostanzialmente sani, della nostra economia. Occorre oggi compiere una scelta differente, più partecipata; occorre che la scelta europea diventi in modo esplicito elemento di identità dell’economia reale italiana; occorre che la competitività del sistema paese diventi obiettivo consapevole di tutti gli italiani perché sia evitata una separazione tra le grandi scelte enunciate, decise dai Parlamenti e dai governi e le questioni reali della vita, dei conflitti, delle ambizioni della nostra quotidianità.
Per questo occorre un nuovo obiettivo nazionale da indicare al Paese come riferimento per un grande impegno collettivo. Qui sta il senso vero che noi abbiamo individuato nell’operazione del patto sociale. Può darsi che la definizione degli obiettivi, delle procedure, dell’impegno delle risorse, della gerarchia delle scelte, non introduca nel Documento di programmazione economica grandi novità, ma esiste, ed è considerato da noi decisivo, un largo e esplicito convincimento da parte di tutti i soggetti che hanno responsabilità sociali in ordine a questi obiettivi: è la premessa migliore per lavorare insieme nella direzione dello sviluppo del nostro paese e per creare condizioni di lavoro e di benessere.
Passa per questa strada la coesione sociale, un elemento che noi riteniamo irrinunciabile per coniugare sviluppo e libertà. Qui nasce, forse, la ragione vera e seria del contrasto che oppone l’opposizione di centro-destra al governo di centro-sinistra nel nostro paese. È lo spartiacque che in Italia, come in Europa e nel mondo, separa le scelte del centro-destra da quelle del centro-sinistra, qualunque sia il nome che nelle diverse realtà della geografia mondiale si assegna a queste due tendenze.
Siamo consapevoli delle pulsioni del nostro tempo, che alimentano inquietudine e disorientamento. Sappiamo che esiste una parte non trascurabile della società cosiddetta sviluppata che ha la tentazione di subordinare il pieno esercizio delle libertà pur di avere sicurezza; di subordinare il valore della solidarietà a quello di un accrescimento della propria capacità di consumo; di attenuare fino a smantellare il sistema delle garanzie sociali in cambio di una forte riduzione della pressione fiscale. Queste pulsioni del nostro tempo esistono, sono forti, non residuali, e trovano una rappresentanza politica che noi rispettiamo. Ma noi abbiamo un’idea diversa, noi siamo dall’altra parte.
È l’idea diversa che anima il riformismo europeo, nel quale ci riconosciamo e nel quale si trovano, attraversando storie diverse, la cultura del popolarismo che si ispira al cristianesimo sociale e quella socialista e ambientalista: non c’è scandalo né sorpresa nel diverso giudizio che oggi esprimiamo nei confronti del Patto sociale. In questo giudizio si esprimono, nella nostra configurazione politica, le due offerte di governo che la politica italiana offre ai cittadini. Lo consideriamo un segno di chiarezza e un motivo di rispetto per i colleghi che hanno espresso diversi giudizi e diverse valutazioni su questo tema.
Alcune brevissime valutazioni conclusive: condividiamo l’idea che il problema dell’occupazione non può essere affrontato con singole misure, ma con un complesso di politiche ed una strategia capace di correlare misure di carattere macroeconomico a quelle di politica attiva del lavoro, che richiamano e rilanciano i fattori qualitativi della competitività. Questa strategia impegna un orizzonte lungo.
Nessuno si illude che gli obiettivi possano essere centrati durante la corrente legislatura. Stanno qui le ragioni per farci misurare il profilo di questa alleanza di governo. Non è un accordo transitorio, occasionale, di emergenza, legato alle ambizioni di una singola persona. È un accordo strategico per riformare l’Italia nel segno della coesione sociale, dello sviluppo economico compatibile con la diffusione del diritto di cittadinanza. Per queste ragioni i Popolari e Democratici voteranno in favore del documento proposto.