L’Eco di Bergamo, 23/01/1999
“Dico a Prodi che è un errore chiamare a raccolta contro i diessini anche perché, col proporzionale, contano l’identità culturale e la compattezza. Tuttavia, non sono preoccupato: da quando siamo nati, nel ’94, noi Popolari abbiamo attraversato il deserto; ce la faremo anche questa volta”.
Onorevole Soro, il vertice ulivista di martedì ha scompaginato gli equilibri e indebolito il governo. Perché i Popolari hanno assecondato il rilancio dell’Ulivo?
Trovo questa storia delle due maggioranze una disputa barocca. Per noi l’Ulivo è il simbolo dell’alleanza tra forze riformiste, un orizzonte che va oltre la legislatura. Prodi guidava il governo dell’Ulivo più Rifondazione, D’Alema invece è a capo di un governo di coalizione, contingente, nel quale convivono prospettive diverse.
Già, Cossiga. Che lavora (o lavorava) per un centro forte, alternativo alla sinistra, mentre popolari e diessini ritengono strategica l’alleanza. Un fattore di debolezza per il governo, non crede?
Ma si può sempre cambiare idea. Dini, che non è mai stato dell’Ulivo, martedì al vertice c’era. Una buona azione di governo può convincere l’Udr della bontà dell’Ulivo. Per questo questa disputa mi sembra una cosa barocca.
Ma Cossiga dice di essere tornato nella mischia proprio per far piazza pulita dell’Ulivo. Il Picconatore è deluso dai Popolari, coi quali sperava di fare la lista per le europee, magari una prova di grande centro.
Noi abbiamo concluso l’esperienza centrista nel ’94. Non c’è più spazio per un centro autonomo. Siamo per una prospettiva riformista che si contrappone allo schieramento neo-liberista.
Prodi vi ha proposto di unire le forze dei moderati del centrosinistra. Perché avete detto no? Solo per la presenza di Di Pietro?
Non ci convince l’idea di un’aggregazione contro, di una chiamata a raccolta di tutti i non ds. Non credo che dentro una coalizione le singole forze debbano crescere per bilanciare il peso degli alleati. No, dobbiamo crescere per vincere, tutti insieme.
Ma i diessini sono sul 20% e tutti gli altri da soli poca cosa.
Bisogna essere cauti. Le europee si fanno con un sistema, il proporzionale, che privilegia le identità di ognuno. Prodi ci ha proposto questa lista comune nel momento sbagliato. E tuttavia eravamo disposti a parlarne, purché non diventasse una lista contro. Dini, Maccanico, alcuni sindaci: con loro abbiamo affinità. Ma uno come Di Pietro, con la sua concezione plebiscitaria della politica, è troppo lontano dalle nostre idee. Cacciari poi, mi sembra che sia più vicino ai ds che a noi.
E Prodi?
Abbiamo condiviso tanto, riferimenti culturali, storie personali. Abbiamo sempre pensato che il ruolo di regista della coalizione dovesse essere il suo. Lui non deve essere uomo di parte, e se proprio deve diventarlo, beh, ci siamo noi…
Invece sta preparando una sua lista, con Di Pietro e i sindaci
Ma così, diventando un capo partito, rinuncerebbe al suo ruolo di regista.
Le vostre strade si separerebbero?
Diventerebbe uno dei tanti, uno dei leader di partito della coalizione.
Sarà anche un regista, ma il suo governo è caduto.
La delusione è stata anche nostra. Troviamo strano questo atteggiamento, diciamo un po’ aspro, verso di noi”.
I sondaggi dicono che una lista prodiana porterebbe via consensi a voi e ai diessini: non la temete?
Guardi, dal ’94 noi abbiamo attraversato il deserto. Nell’ostilità dei mass-media e nell’incomprensione di parte del mondo cattolico. Ma abbiamo migliaia di amministratori locali in tutto il Paese. Noi nei sondaggi perdiamo sempre, poi le cose vanno diversamente. Prodi, con noi, sarebbe una freccia in più, ma di frecce ne abbiamo tante.
Referendum e corsa per il Quirinale: con i Ds di Veltroni siete spesso e volentieri su sponde opposte. O no?
Sulla legge elettorale avevamo posizioni diverse anche prima. Ora dobbiamo fare una legge in Parlamento. Ma non se ne farà nulla, perché molti vogliono il referendum a prescindere dal contenuto. Proponessimo di recepire il dettato così com’è, ci direbbero comunque di no.
Veltroni propone di fare scegliere alla maggioranza il candidato Presidente, Marini vorrebbe discutere anche col Polo.
Siamo ancora in una fase di transizione. Il futuro capo dello Stato dovrà fare ancora l’arbitro e pertanto essere una persona equilibrata, molto equilibrata.
De Mita ha detto che ci troviamo in una “partitocrazia senza partiti”. Sottoscrive?
Dobbiamo riformare la politica ripartendo proprio dai partiti. Ciriaco è d’accordo, ma si sa, lui ha sempre il gusto del paradosso.