Camera dei Deputati, 20/07/1999
Non ci siamo mai iscritti alle tifoserie dei radicali del giustizialismo o del garantismo.
La nostra idea mite della giustizia come luogo di misura e di ragionevolezza, qualche volta, è stata scambiata per incertezza o timidezza, come non precisa scelta di campo rispetto alle questioni che si aprono intorno ai temi della giustizia.
Non vorremmo iscriverci neppure oggi ad una di queste tifoserie. Tuttavia, non possiamo non esprimere il disagio che questa mattina abbiamo avvertito, credo non solo noi popolari, ma anche tanti colleghi della maggioranza e dell’opposizione. Mi riferisco alla sensazione diffusa che fossero in corso estenuanti trattative nelle quali si intrecciavano interessi estranei al dibattito politico, interessi pubblici e storie private; alla sensazione che fosse in corso una mediazione che vedeva protagonisti attori impropri, attori titolari di più di una parte.
Abbiamo colto questa sensazione sgradevole e abbiamo sentito che è presente in quest’aula e nella vita parlamentare italiana – e ci dispiace constatarlo, perché può toccare i sentimenti e la sfera personale di un nostro collega – un convitato di pietra, tutte le volte che si discute di giustizia.
Avremo difficoltà ad ignorare quello che si dice nei telegiornali e sui giornali.
Con una sorta di ipocrisia, dovremmo omettere ed eludere la questione, che è rappresentata – non da oggi – dalla storia e dalla vicenda giudiziaria dell’onorevole Previti: credo che non lo possiamo fare e che non sia giusto.
Rispetto molto la sfera personale ed anche quella politica di questo collega. In coerenza con principi ai quali ci ispiriamo, come tutti gli imputati, egli va considerato, in questa fase, innocente: capisco, quindi, quanto possa essere difficile per chi ritiene di essere innocente ed è sottoposto ad un procedimento giudiziario, diventare protagonista oggettivo ed intrusivo in un dibattito che riguarda, invece, temi più generali della riforma della giustizia. Ciò avviene e noi lo percepiamo, lo consideriamo non corretto e riteniamo che sia un elemento negativo nella vita politica del nostro paese.
Non possiamo chiedere all’onorevole Previti di farsi da parte, così come non possiamo chiedere ai suoi compagni di partito di prescindere, nel giudizio sulle questioni che riguardano la complessa vicenda della riforma della giustizia in Italia, dalla storia personale di un loro componente. Sarebbe certamente auspicabile, ma non possiamo chiederlo ai compagni di partito e agli schieramenti che sostengono o di cui fa parte questo nostro collega.
Tuttavia abbiamo almeno la possibilità e credo anche il dovere di chiedere al Ministro di grazia e giustizia, nel rispetto delle sue prerogative, di quelle della magistratura e di tutto ciò che va rispettato, come sia possibile e per quali ragioni, in un contesto di generale denegata giustizia che questo episodio, che non è piccolo, vista la sua capacità di intrusione oggettiva nel confronto politico e parlamentare del nostro paese, dall’ottobre 1998 non faccia un passo avanti.
Tra l’altro, il Parlamento è stato investito della vicenda giudiziaria dell’on. Previti ed ha espresso un voto; quindi, non stiamo parlando di una questione che ha che fare con la storia privata di un cittadino.
Come è possibile che dall’ottobre 1998 non si riesca neanche ad attivare l’udienza preliminare di questo processo? Noi riteniamo che esso debba essere celebrato, magari per rendere giustizia – se giustizia va fatta – all’onorevole Previti, ma anche per sottrarre dal confronto politico italiano sulle questioni della giustizia un convitato di pietra, che diventa sempre più ingombrante e la cui presenza nel confronto politico rischia di rendere incomprensibile agli italiani le posizioni che ognuno di noi qui sostiene.
Anche oggi tali posizioni appaiono incomprensibili: se mi fossi trovato ad ascoltare Radio radicale, come capita a molti italiani, probabilmente seguendo il dibattito di oggi pomeriggio e sentendo molti interventi di colleghi della maggioranza e dell’opposizione, di quelli che parlano di cedimenti da una parte e dall’altra, mi sarei formato un giudizio differente rispetto a quello che ritengo essere un giudizio di verità.
In conclusione, richiamo le ragioni per le quali oggi voteremo a favore della conversione in legge del decreto legge. La prima: obiettivo del decreto era differire al gennaio 2000 l’entrata in vigore di una riforma legislativa largamente condivisa in Parlamento. Non si tratta, quindi, di un colpo di mano di una maggioranza che ha stravolto o di una minoranza che ha imposto, ma di una riforma di cui era necessario prorogare l’entrata in vigore per rendere possibile la corretta e sana amministrazione della giustizia. Infatti, a detta di tutti, non operando tale differimento, probabilmente i nostri tribunali in Italia sarebbero entrati in crisi. La seconda: una norma transitoria che differisce al 2 gennaio 2000 l’istituto dell’incompatibilità fra il giudice per le indagini preliminari ed il giudice delle udienze preliminari, che è istituto condiviso e sulla cui scelta non mi pare che in questo Parlamento vi siano schieramenti di guelfi e ghibellini.
Ieri c’è stato un eccesso di enfasi nel contrasto delle parti e di retorica nella discussione, utilizzando un linguaggio di guerra. La minaccia dell’ostruzionismo, l’iscrizione a parlare di tutti i parlamentari del Polo nella discussione generale, hanno evidenziato l’opinione di una parte dell’opposizione, secondo cui l’incompatibilità dovesse entrare in vigore immediatamente, e la tesi della maggioranza di centro-sinistra che riteneva che tale incompatibilità dovesse entrare in vigore successivamente. Si è trattato di due posizioni distinte e allora, onorevole Carrara ed altri colleghi che avete parlato di una resa e di un cedimento: qual è la scelta contenuta nel testo del decreto-legge che ci accingiamo a convertire? Mi sembra che non vi siano dubbi: la maggioranza di centro-sinistra ha difeso – com’è giusto, com’è nei suoi diritti, com’è nella ragionevolezza – la scelta di differire l’istituto dell’incompatibilità, di non applicarlo ai processi in corso, di creare, come sempre avviene, un termine entro il quale si garantisce il corretto proseguimento dei processi in corso.
Noi non abbiamo ceduto e non voglio dire che abbia ceduto l’opposizione; dico però che l’opposizione ha fatto ragionevolmente una scelta corretta nell’esercizio delle sue funzioni, ritirando tutti gli emendamenti.
E’ stato presentato un nuovo emendamento che riguarda la possibilità di ricusazione del giudice che nei prossimi mesi dovesse esprimere, al di fuori delle forme che la legge gli attribuisce appropriatamente, un pregiudizio di colpevolezza.
E’ un istituto di ricusazione che peraltro sarebbe comunque possibile. Non sono un avvocato né un giurista ma ritengo che, anche senza questo emendamento, l’istituto della ricusazione abbia vigore e che comunque questa possibilità di ricusazione non interferisca sui tempi dell’udienza preliminare.
Questo è il risultato al quale perveniamo nella convinzione che noi e l’opposizione – insieme su questo tema – abbiamo operato una scelta corretta. Per carità, però, nessuno dica che la maggioranza ha cambiato opinione! Questo è il testo di legge voluto dal Governo con quei caratteri rispetto ai quali l’opposizione, per un certo numero di giorni, ha dichiarato volontà di fare guerra. Successivamente l’opposizione, saggiamente, ha riconosciuto che questo fosse il modo corretto di affrontare i problemi.