(di Pier Giorgio Pinna, “La nuova Sardegna”, 22 marzo 2013)
“Dobbiamo aiutare i ragazzi a un uso responsabile del web con la leva delle famiglie e della scuola, con nuove leggi di tutela, col sostegno dei media, con un confronto che assicuri più protezioni collettive ma non limiti la libertà”. Antonello Soro prende spunto dal cyber-blitz all’Asproni per rilanciare una battaglia di civiltà. Ricorda quanto sia importante per tutti, in particolare per le nuove generazioni, servirsi dei social network senza ingerenze nella sfera privata. E da presidente dell Autorità di garanzia sulla protezione dei dati personali indica gli strumenti che giudica più opportuni per raggiungere maggiori consapevolezze. Nato a Orgosolo 64 anni fa, medico, sindaco di Nuoro dal 1979 al 1980, a lungo consigliere regionale e parlamentare, prima per la Dc e poi per il Pd, Soro guida l’Authority per la privacy dallo scorso giugno.
Lei parla di dare una mano ai ragazzi per evitare casi come la “lista nera dei gay”su Facebook ? Ma chi dovrebbe intervenire?
“I giovani devono poter frequentare le piazze mediatiche in maniera da non nuocere a se stessi e agli altri. Vanno abituati a conoscere davvero gli strumenti che abitualmente usano ma di cui spesso ignorano i pericoli”.
In che modo?
“Si può raggiungere il traguardo unendo gli sforzi per assicurare rispetto in una terra incognita quale si rivela spesso internet. E dato che la fragilità dei ragazzi è accentuata dalle sfide tecnologiche che stanno cambiando il nostro modo di essere, sono diversi i campi d’azione possibili”
Esattamente, quali?
“Partiamo dalla vicenda di Nuoro. Intanto è stato evidente come la componente omofoba sia stata subito isolata dall’opinione pubblica e dagli stessi studenti. Ma contro il bullismo elettronico, crescente e più pericoloso di quello che conoscevamo sino a qualche anno fa, bisognerà che i genitori si facciano coinvolgere di più”.
Già, ma come?
“Controllando l’attività su internet dei figli, soprattutto nella fascia d’età tra i 7 e i 12 anni. Allo stesso tempo mi pare necessario che le istituzioni scolastiche si attivino a fondo mettendo in guardia tutti dai rischi di un utilizzo sbagliato della rete”.
Quali altre forze si dovrebbero unire in questo impegno?
“Nei nostri contatti abbiamo già riscontrato grande disponibilità da parte di associazioni che lavorano per la protezione dei minori, a cominciare da Telefono Azzurro. A essere esposti infatti sono soprattutto i giovanissimi, spesso lasciati soli davanti al computer da padri e madri, disinformati e inconsapevoli dei pericoli che si possono trovare sul web”.
Come Autorità di tutela avete avviato iniziative col ministero della Pubblica istruzione?
“Sì, è stata intrapresa una cooperazione col ministro Profumo. Fra l’altro sono previste campagne pubbliche in tv e su Google. Sul nostro sito e su Facebook si è già predisposto un questionario (www.gpdp.it/connettilatesta, ndr), con il video tutorial del Garante e le linee guida sull’uso responsabile dei socialnetwork”.
Perché considera il cy-ber-bullismo più devastante di quello tradizionale?
“Il linguaggio in rete, generato di frequente dagli adulti, è di per sé tutt’altro che sereno. Appare spesso aggressivo, liquidatorio. E anche col bullismo elettronico si crea sul web una memoria estesa delle cose che si scrivono, sempre visibili a distanza di anni. Inoltre, l’assenza di contatti personali produce un discredito privo di freni inibitori”.
Con quali effetti?
“La vittima tutte le volte che usa il suo tablet può rileggere all’infinito le frasi con le quali è stata colpita. Questo fenomeno può provocare in qualche caso gesti estremi. Insomma, siamo in presenza di una violenza incommensurabilmente maggiore del bullismo tradizionale”.
A tutto questo, in gennaio, avete dedicato la Giornata europea della privacy 2013: quali gli obiettivi?
“Lo ripeto: il raggiungimento di una piena coscienza delle opportunità ma anche dei rischi delle nuove tecnologie deve vedere uniti genitori, insegnanti, organismi di garanzia e organi d’informazione”.
Che ruolo effettivo potrebbero svolgere i media?
“Contribuire allo sforzo educativo. Per esempio, la Rai, dopo la Giornata europea, ha aperto con noi un canale di collaborazione proprio su qesto versante”.
Il caso dell’Asproni dimostra una volta di più quanto l’isola rientri da tempo in logiche da villaggio globale.
“L’epoca digitale non prevede periferie. Tutti facciamo informazione e siamo oggetto d’informazione. Sono esperienze che comportano evidenti mutamenti antropologici, ma anche la scarsa attitudine a pensare alle conseguenze delle nostre azioni sul web”.
Come garantire la libertà del sistema ed evitare abusi?
“E un nodo insoluto, non solo in quest’ambito. Ogni profilo è studiato per scopi commerciali a migliaia di km di distanza. E non sappiamo che cosa succede per gli orientamenti politici o religiosi. Noi ora lavoriamo nel quadro europeo per armonizzare le legislazioni e introdurre il principio che nell’applicabilità delle norme deve valere la competenza giuridica del Paese dove vive la vittima”.
Che cosa pensa di una legge contro l’omofobia?
“Nella scorsa legislatura sono il primo firmatario di una proposta in questo senso. Oggi più che mai la reputo indispensabile: l’orientamento sessuale non può essere motivo di alcuna discriminazione”.