Approvare subito il nuovo regolamento in discussione a Bruxelles
Dal Datagate al web: all’Europa serve una grande alleanza. Intervista. Parla il Garante Soro sulla doppia offensiva del Datagate e dei big della Rete
Più che “privacy” bisognerebbe chiamarla “provaci”. Nel senso che i tentativi di ostacolare un’efficace protezione dei dati personali sono sempre più forti, costanti e convergenti. Quelli degli Stati Uniti, sul piano politico e strategico, mediante il programma di spionaggio dei cittadini e dei leader europei emerso dallo scandalo Datagate. Quelli degli Over the Top, i colossi di Internet come Google, Amazon e Facebook, con la potente offensiva tesa a bloccare il nuovo Regolamento in discussione a Bruxelles. Di questo e d’altro parliamo con il presidente dell’Autorità garante della privacy Antonello Soro.
Il premier britannico Cameron sembra sia riuscito a convincere l’Unione Europea a rinviare di un anno l’adozione del Regolamento che prevede norme più severe a difesa dei dati personali degli utenti. È una vittoria dei big di Internet?
“Non ne sarei così sicuro. Certo, gli Over the Top e il governo inglese sono da tempo solerti frenatori. Tuttavia, in un contesto in cui Washington perde la fiducia della propria opinione pubblica e degli alleati e in cui, simmetricamente, gli stessi big di Internet, per la prima volta, vedono a rischio la fiducia dei consumatori, il buonsenso suggerirebbe un atto generale di ripensamento”.
Il ritardo insomma non è incolmabile.
“Lo pensa anche l’euro commissaria alla Giustizia Viviane Reding, autrice del Regolamento”.
Dunque tutto bene?
“Proprio no. La logica anzi vorrebbe che il caso Datagate spingesse i governi europei e la Commissione ad accelerare l’approvazione del Regolamento, se non ad approvarlo subito. La posta in gioco infatti è molto alta: riconquistare la fiducia degli europei, sia come cittadini che come consumatori”.
Eppure Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, sostiene che all’opinione pubblica della privacy non importa nulla.
“Lui sintetizza in modo drastico e pro domo sua la cifra di questo fenomeno nuovo, secondo il quale aziende come Google e Facebook danno un servizio apparentemente gratuito, il cui alto profitto viene ricavato dal commercio dei dati personali e dalla pubblicità mirata su milioni di individui”.
Ma i consumatori sono consapevoli di questo scambio?
“Oggi cominciano a esserlo. Il vero timore degli Over the Top, più ancora delle ipotetiche sanzioni Ue, è la reale perdita di fiducia da parte dei consumatori, su cui si regge il loro business colossale”.
Quale può essere il punto di svolta?
“Il momento in cui la gente si rende conto che la Rete, il mondo virtuale, altro non è che un’espressione del mondo reale, un altro spazio della nostra vita, in cui valgono le stesse regole, gli stessi principi, gli stessi divieti”.
Gli internauti però dovrebbero poter decidere se dare o negare il proprio consenso in modo chiaro, non con illeggibili codicilli. “È vero, il consenso non può essere concepito come una liberatoria. L’utente deve sapere in quale modo vengono usati i dati che lo riguardano e che concorrono a formare il suo profilo. Il tema però è più generale…”.
Cioè?
“Bisogna arrivare a un accordo tra Stati Uniti ed Europa per rimettere al centro della convivenza il rispetto dei dati personali”.
Non è una dichiarazione un po’ generica?
“No. Si tratta di un diritto inalienabile che oggi corre un pericolo molto concreto”.
Gli Over the Top hanno scatenato un’offensiva lobbistica senza precedenti. Lo si vede anche dal numero di ex funzionari delle Autorità di privacy nazionali europee passati alle dipendenze dei grandi gruppi americani.
“No comment”.
Non le pare che il Datagate da una parte e l’iniziativa anti Regolamento degli Over the Top dall’altra si configurino come una vera e propria offensiva dell’America come sistema-Paese in coincidenza con il Trattato Atlantico?
“Indubbiamente, nella geopolitica degli ultimi vent’anni, l’Europa ha mancato molti appuntamenti, mentre l’America ha mantenuto il proprio livello di grande struttura compatta. Inoltre abbiamo visto il doppio crescere della legislazione emergenziale Usa dopo l’11Settembre e della potenza dei big della Rete. Due fenomeni che si sono reciprocamente alimentati”.
Qual è la posizione italiana?
“Il nostro governo dovrebbe investire di più nella protezione dei dati personali, finora considerati alla stregua di una nicchia per amatori. Con l’esplodere del tema della privacy emerge poi anche un problema di risorse per I’Authority responsabile”.
Cento persone, contro le oltre 400 di altre Autorità, sono sufficienti?
“Considerando la mole di attività da presidiare direi proprio di no. Comunque ce la mettiamo tutta”.