Intervento di Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(Il Foglio, 9 marzo 2016)
Mentre ancora divampa la polemica sul doppio fronte Apple-magistratura statunitense e Nsa-Governo italiano, Obama promulga una legge (Judicial Redress Act) che estende ai cittadini europei alcune garanzie per i trattamenti dei loro dati da parte delle autorità statunitensi. Legge importante, che sottende la consapevolezza dell’impossibilità di discriminare gli utenti di una realtà globale come quella digitale in ragione della nazionalità, come ha chiarito la Corte di giustizia annullando l’accordo sul trasferimento verso gli Usa dei dati dei cittadini europei.
Ma resta il double standard previsto dalla riforma dell’intelligence (Freedom Act), che pur introducendo alcune garanzie rispetto alle acquisizioni di dati personali per fini di sicurezza, lascia fuori, in gran parte di tale settore, i non americani. Idea paradossale, quella di limitare ai soli cittadini un diritto che nasce su quel IV emendamento, voluto proprio per contrastare le ingerenze nella vita dei cittadini già praticate, nel XVIII secolo, dal Governo inglese. Un diritto nato per garantire libertà e autonomia non può conoscere confini e discriminazioni per nazionalità. Non a caso, non solo in Europa, esso è considerato diritto fondamentale, come tale da riconoscere alla persona in quanto tale, a prescindere dal requisito della cittadinanza.
Se dopo il Datagate gli Usa abbiano compreso il valore reale della protezione dati, soprattutto nel suo rapporto con la sicurezza, è ancora presto a dirsi. Certo è che la risoluzione delle vicende di questi giorni sarà significativa. Lo sarà la definizione del caso Apple, se si ammetterà pure l’accesso al telefono dell’attentatore (con tutte le garanzie estese, dalla Corte suprema, dalla materia della libertà personale a quella della perquisizione di strumenti che così tanto hanno di “personale”), senza però vietare in generale la criptazione. Importante sarà la volontà di accertare davvero, senza trincerarsi dietro il segreto di stato, eventuali responsabilità dell’Nsa per le intercettazioni ai danni del nostro governo, ma anche per le acquisizioni di milioni di dati di cittadini italiani. Dirimente sarà la scelta, più generale e non solo americana, di basare le indagini di polizia, anche antiterrorismo, su controlli mirati e selettivi e non sulla sorveglianza massiva, che oltre a essere democraticamente insostenibile si è anche dimostrata del tutto inefficace.
Ma la “costituzionalizzazione” dell’emergenza in Francia e le ripercussioni che l’allarme terrorismo ha avuto da noi, fanno temere che proprio quell’Europa che ha rappresentato un modello verso cui tendere nel rapporto tra libertà e sicurezza, si allontani da se stessa. E da quei princìpi che ne fondano l’identità: la garanzia della privacy soprattutto, come presupposto di libertà e democrazia.