Intervista ad Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(di Alessandro Belardetti, QN, 16 settembre 2016)
“La giustizia ordinaria ha tempi troppo lunghi e il fattore temporale, nella rimozione dei contenuti lesivi della dignità altrui o illegali, è decisivo. È necessario che i social velocizzino le procedure di risposta per effettuare interventi più efficaci”. Il presidente dell’autorità Garante per la privacy, Antonello Soro, individua nella tempestività del sistema di rimozione di messaggi, foto e video un punto cruciale per prevenire tragedie come quella di Tiziana Cantone. “Ma l’aspetto fondamentale è la sensibilizzazione degli utenti, che non sono consapevoli di diffondere materiali intimi a un’infinità di persone e, nell’illusione di anonimato, usano un linguaggio feroce, fino all’insulto”.
Il sogno del social come diario innocente è durato troppo poco.
“Se un soggetto economico con un miliardo e mezzo di clienti compra un azienda con un miliardo di clienti (WhatsApp, ndr) l’idea romantica del social fra vecchi compagni di Liceo cambia. Tuttavia, non penso che gli aspetti distorsivi siano colpa dei gestori delle piattaforme, bensì degli internauti sprovvisti di educazione digitale”.
Essendo i social mezzi di comunicazione, perché non vengono sanzionati quando consentono la pubblicazione di contenuti fuorilegge?
“Nel nostro ordinamento, in linea generale, i social non sono responsabili dei contenuti pubblicati dai propri utenti. Tuttavia, dopo una prima fase di chiusura, adesso anche i cosiddetti Over The Top hanno capito che è nel loro interesse cercare di rendere più sicura la piazza virtuale. Per questo, stanno cominciando a collaborare e hanno accettato di usare forme automatiche di rimozione dei contenuti d’odio o pedopornografici. Ma c’è ancora molto da fare”.
Quali sistemi vengono usati per filtrare i file postati in Rete?
“Principalmente algoritmi-filtro per parole e foto chiave che, pur imperfetti, svolgono un ruolo utile. Ma non illudiamoci: se un video viene rimosso anche dopo cinque minuti, in quel lasso di tempo potenzialmente è già diventato virale. Spesso, poi, la parte lesa ne viene a conoscenza molto tardi e la frittata è fatta”.
Esiste un’arma contro i profili falsi, creati da bimbi e ragazzini che non avrebbero l’età per iscriversi?
“Purtroppo, lo strumento proposto per individuarli consisterebbe nella sorveglianza continua di tutti i loro comportamenti sul web. Ma questo comporterebbe il rischio ancora più grande di una profìlazione di massa, in realtà estesa a tutti gli utenti. E l’idea di subordinare l’iscrizione alla presentazione di un documento consegnerebbe ai gestori una sorta di anagrafe universale. Una follia”.
Le modifiche alla legge sul cyberbullismo la convincono?’
“E presto per giudicarla, certo ha subito molti cambiamenti. L’intenzione dei proponenti, comunque, è condivisibile per rendere più efficiente la prevenzione di fenomeni pericolosi.
Alzare l’età minima per accedere ai social sarebbe una misura per prevenire potenziali tragedie?
“Molti fingerebbero di avere 18 anni, se fosse l’età minima. Precludere un social fino ai 18 anni significa andare contro alla qualità della vita che si è creata. Quello che invece sarebbe utile è investire sull’educazione civica digitale, sin dalle Elementari, per far capire ai bambini quali sono i rischi. In Estonia è una materia scolastica sin dalla prima elementare”.