Intervista ad Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(di Marco Ventura, Il Messaggero, 5 novembre 2016)
Il diritto insegue il progresso tecnologico. Ecco il rebus di fronte al quale si trova, anche per la sollecitazione di clamorosi casi di cronaca, Antonello Soro, presidente dell’Autorità garante della protezione dei dati personali (o privacy). Che mette in guardia contro l’enormità dei pericoli. “La rete non è un mondo virtuale ma reale. È una dimensione della vita complicata e piena di insidie, di cui gli utenti devono essere consapevoli”.
Si può essere involontari artefici della propria rovina, come la povera Tiziana Cantone suicida dopo la diffusione virale di video hard che lei stessa aveva inviato a contatti Facebook?
“Certo, la Rete non è mai circoscritta. È un oceano nel quale una volta che abbiamo lanciato una nostra immagine o dato personale, difficilmente ne avremo il controllo”.
È vero che in Rete tutto lascia traccia?
“Accidenti se è vero! Una conversazione in piazza può rimanere tra 5-6 persone, in rete è potenzialmente aperta a tutto il mondo”.
Una sentenza civile a Napoli Nord ha stabilito che Facebook doveva rimuovere per tempo link e informazioni su Tiziana, ma ha escluso il controllo preventivo dei provider sui contenuti postati dagli utenti. Intanto in Germania la procura di Monaco ha indagato il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, per la mancata eliminazione di post con minacce di morte e negazioni dell’Olocausto. Come ci si deve orientare in questo ginepraio?
“Si conferma la tendenza a responsabilizzare i gestori dei social network per tutelare in tempo chi in rete sia o presuma di essere vittima di contenuti lesivi e/o offensivi. A Napoli e a Monaco, si imputa a Facebook l’omessa rimozione. L’oscuramento dei contenuti non può seguire procedure troppo lunghe: l’intervento tempestivo contiene di molto il danno tecnologico permanente di una notizia messa in rete e poi moltiplicata in modo pulviscolare in tutto il mondo. Occorrono forme agili e immediate come quelle che si stanno disciplinando con la nuova legge in discussione in Parlamento sul cyber-bullismo. Nella stessa dirczione va l’accordo di qualche mese fa tra i gestori di social network e la Commissione europea circa lo ‘hate speech’, l’istigazione all’odio, con interventi immediati, anche tramite filtri su certe espressioni. Bisogna armonizzare la tutela dei diritti off line con quella dei diritti on line. Vita fisica e digitale vanno trattate allo stesso modo, sulla base degli stessi obblighi e diritti che pretendiamo nella vita fisica in cui ci siamo abituati a rispettarci. Questo percorso di adattamento progressivo delle due dimensioni dev’essere veloce quanto l’innovazione tecnologica”.
La dimensione della rete è globale, quella giudiziaria e di protezione della privacy è nazionale. Si possono perseguire soggetti formalmente stranieri come Facebook?
“Con sentenze fondamentali e con il nuovo regolamento UE di protezione dei dati, la giurisprudenza europea assoggetta le società extra-europee al nostro ordinamento quando trattino dati di cittadini europei. Ma gli stessi gestori dei social network hanno interesse a presentarsi agli occhi degli utenti non come nemici. C’è un fiorire di disponibilità che vedremo quanto concrete”.
Niente controllo preventivo sui contenuti?
“Sarebbe terribile delegare la censura a queste organizzazioni gigantesche largamente governate da algoritmi. Il tema della libertà di opinione mai come in questo caso verrebbe a scontrarsi con una necessità di tutela dei diritti. Nessun ruolo di filtro preventivo generico possiamo attribuire ai motori di ricerca se non forse, tramite selettori, in casi molto mirati e specifici di istigazione all’odio”.
Il problema di Tiziana nasce con l’innesco della diffusione virale…
“Diffondere in rete un dato ricevuto nel nostro smartphone senza il consenso di chi ce lo ha trasmesso è un illecito sanzionato dal codice in materia di privacy, e se contiene profili di diffamazione è anche un reato penale. Non sono in grado di valutare quanto nella vicenda tristissima di Tiziana ci fosse nella diffusione dei video un intento tale da configurare il reato penale, ma l’illecito c’era. E spero che si possa aprire una finestra sul rischio corso da chi ingenuamente o no consegna alla rete i propri dati, ma anche da chi li diffonde”.
I provider devono essere comunque più solleciti nella rimozione?
“Noi come Autorità siamo molto determinati a far valere concretamente il nostro ordinamento verso tutti gli internet provider, e abbiamo dalla nostra molte sentenze della Corte di giustizia europea che ci incoraggiano”.
E se l’FBI o la magistratura chiedono a un’azienda come Apple di “aprire” gli smartphone di terroristi o criminali?
“Apple con l’FBI ha forzato il buonsenso: si chiedeva a chi detiene il codice sorgente di aprire non tutte ma alcune ‘casseforti’, in nome della collaborazione contro crimine e terrorismo. È successo anche a Milano. Atteggiamenti di resistenza a un percorso di legalità che invece conviene a tutti. In questi casi, mi auguro in futuro una collaborazione intelligente dei provider”.