(di Marco Mazzù, Adnkronos, 9 gennaio 2019)
È necessario ripensare le norme penali che sanzionano il reato di ‘interferenze illecite nella vita privata’, perché, “anche alla luce delle potenzialità delle nuove tecnologie”, oggi una fotografia “è esposta al costante e concreto pericolo di una divulgazione virale, sui social o comunque in rete, spesso anche per fini ritorsivi”. Il Garante per la protezione dei dati personali Antonello Soro commenta così all’Adnkronos la sentenza della Cassazione che ha assolto un 37enne milanese che aveva effettuato fotografie e video di una donna mentre faceva la doccia in un appartamento di fronte al suo. Il verdetto di assoluzione è stato pronunciato anche perché la finestra dell’abitazione privata della donna era priva di tende e quindi la stanza da bagno era visibile dall’esterno.
”La sentenza della Cassazione si conforma, indubbiamente, a un indirizzo giurisprudenziale consolidato, volto a limitare l’applicabilità del delitto di interferenze illecite nella vita privata alle riprese di comportamenti ‘sottratti alla normale osservazione dall’esterno’. Per questo orientamento della Cassazione, infatti, la tutela del domicilio è limitata ‘a ciò che si compie in luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile ad estranei’. Tale interpretazione si basa su una lettura forte del carattere ‘indebito’ – prescritto dalla norma penale – dell’acquisizione di immagini o notizie inerenti la vita privata. Si esclude quindi, in questa prospettiva – rileva Soro – la sussistenza del reato rispetto a scene, pur svoltesi in luoghi di privata dimora, ma liberamente osservabili senza ricorrere a particolari accorgimenti”.
“E tuttavia – avverte il Garante della Privacy – la norma (o quantomeno la sua interpretazione) andrebbe ripensata, anche alla luce delle potenzialità delle nuove tecnologie e del conseguente bisogno di anticipare la soglia di tutela della privacy. La foto che – quando questo indirizzo giurisprudenziale si è formato – restava più agevolmente nella disponibilità del suo autore, più limitati essendo allora i canali di diffusione, oggi è esposta al costante e concreto pericolo di una divulgazione virale, sui social o comunque in rete, spesso anche per fini ritorsivi. Naturalmente – precisa Soro – l’insussistenza del reato di interferenze illecite nella vita privata non comporta la liceità della condotta sotto il profilo della protezione dati. Laddove, infatti, le foto così acquisite dovessero essere comunicate a terzi o divulgate all’esterno, si integrerebbero gli estremi di illeciti amministrativi (e in alcuni casi anche penali) previsti e sanzionati, in modo assai rilevante, dalla disciplina di protezione dati”.