Diritto all’oblio – “Barriere territoriali anacronistiche, questa sentenza penalizza gli utenti”

(di Claudia Guasco, “Il Messaggero” e “Il Mattino”, 25 settembre 2019)

In un mondo interconnesso e in una realtà immateriale come quella della rete, “la barriera territoriale appare sempre più anacronistica”, afferma il presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali Antonello Soro, da novembre 2014 alla guida di un gruppo di lavoro che riunisce le authority per la privacy dei Paesi europei. Il quale esorta a leggere in controluce la sentenza della Corte di giustizia Ue del Lussemburgo che da ragione a Google in materia di diritto all’oblio: “La decisione ha anche un altro aspetto: è un invito a Google e ai gruppi concorrenti affinché adottino soluzioni tecnologiche capaci di scoraggiare l’accesso degli utenti europei a motori di ricerca dislocati in Paesi al di fuori della Ue. Questo implica un impegno di tecnologia nuova in capo ai titolari delle società, che dovranno inventarsi qualcosa perché un italiano non acceda a una notizia indicizzata passando, per esempio, dagli Usa”.

Presidente Soro, questa sentenza è un freno per il diritto all’oblio?

“Sicuramente ha un impatto rilevante sulla piena effettività di questo principio. Diciamo che esprime bene la complessità della società digitale e della difficoltà di conciliare le esigenze di organizzazione della vita in rete con la tutela dei diritti personali. La decisione della Corte da un lato rallenta e rende più difficile l’effettività del diritto all’oblio e nel pianeta connesso ciò appare un po’ fuori dal tempo. In ogni caso, negli ultimi mesi la percentuale di deindicizzazione si è ridotta: sono meno ampie le distanze di approccio tra garante e motori di ricerca”.

E il diritto all’informazione?

“Nell’attività di controllo c’è sempre una valutazione inerente al diritto all’informazione, tuttavia con il bilanciamento della difesa dei dati personali la deindicizzazione diventa congrua. Noi autorità europee del settore da tempo sosteniamo sia indispensabile, proprio per la natura immateriale della rete, procedere non solo verso un riconoscimento universale del diritto alla protezione dei dati, ma anche alla tutela effettiva di questo diritto. Il regolamento Ue ha aperto una strada virtuosa, molti Paesi nel mondo stanno adottando norme uguali o molto simili alla nostra. Questo livello di convergenza, di standardizzazione dei limiti è la frontiera per un’equiparazione più matura tra il diritto informazione e quello alla privacy nella sua accezione di tutela della dignità personale”.

Che pare lontana se alcune società, in caso di crimini gravi, si rifiutano di rivelare dati contenuti nei telefoni.

“Nel nostro Paese più che la difficoltà di accesso ai dati vi è un eccesso di intercettazioni attraverso tecnologie con il sistema del trojan, che raccoglie massivamente, in maniera generalizzata e a lungo il traffico dati e le conversazioni, anche ambientali. Per accertare un reato grave è possibile ricorrere alle intercettazioni, l’invasività però è lesiva della privacy. Il problema è trovare l’equilibrio, noi lo abbiano indicato di recente al Governo e al Parlamento”.

PRIVACY POLICY