(di Aldo Fontanarosa, “La Repubblica”, 4 ottobre 2019)
Ora che il governo lancia l’ennesima campagna contro gli evasori, politici e opinionisti invitano a liberare il campo dai paletti piantati dal Garante della Privacy. Il Garante, per eccesso di tutela verso gli italiani, avrebbe ostacolato la caccia dell’Agenzia delle Entrate ai furbetti delle tasse.
Antonello Soro: la sua azione si è tramutata in un assist agli evasori?
“Questa critica si fonda sul niente. Il nostro obiettivo era facilitare la lotta all’evasione, che aiuta a realizzare l’equità fiscale. Un valore scritto in Costituzione”.
L’Agenzia mai contestato le sue decisioni?
“Nessuno dei direttori che si sono succeduti nei 7 anni del mio mandatosi è mai lamentato”.
Dunque l’Agenzia può usare la sua banca dati senza che lei gli leghi le mani.
“Primo. Questa banca dati, la più grande del Paese, la custode di informazioni chiave su ogni italiano, deve essere impermeabile a ingressi abusivi e attacchi informatici. Noi abbiamo chiesto, inoltre, che gli accessi dei funzionari dell’Agenzia siano sempre registrati e che la loro navigazione sia sempre tracciata quando consultano la banca dati”.
Perché queste richieste?
“Perché la lealtà fiscale di una persona o di un’impresa può essere misurata solo attraverso dei dati, di per sé corretti, che siano gestiti in modo corretto”.
Lei non ha voluto che la capacità di spesa di una persona venisse misurata con le statistiche generali Istat, semmai valutandone le spese effettive.
“L’algoritmo dell’Agenzia cerca di individuare uno scostamento tra la dichiarazione dei redditi di un cittadino e l’andamento dei suoi conti correnti o dei consumi. La richiesta di usare dati corrispondenti al comportamento reale del contribuente, e non a quello presunto in base a dati statistici generali, consente di effettuare quella profilazione puntuale del rischio fiscale richiesta dalla legge”.
Lei si è mai opposto alla profilazione?
“Come avrei potuto? E’ un’attività prevista sin dal decreto legge 201/2011. L’anagrafe dei rapporti finanziari, però, andava organizzata secondo criteri puntuali. La vulnerabilità di questa banca dati è la vulnerabilità del Paese”.
Ha però imposto che le sperimentazioni dell’Agenzia fossero limitate a un campione?
“E’ stata l’Agenzia a limitare il suo scrutinio ad un numero limitato di rapporti finanziari, per fare sperimentazioni più corrette”.
Dunque i suoi paletti…
“Non siamo piantatori di paletti. Lavoriamo per difendere i cittadini. Se gli algoritmi dell’Agenzie delle Entrate sono alimentati di dati veri, le persone perbene sono al sicuro. Altrimenti si perseguitano solo i giusti. Troppo spesso, purtroppo, si considerano i diritti un costo troppo alto da pagare, e le garanzie democratiche degli arnesi del passato, perfino pericolosi. Ma non è così”.