Una giornata nera ha impedito un esito positivo al confronto parlamentare su una materia – quella dell’istituto della grazia – per sua natura destinata a larga condivisione e, ancor più, a giudizi sereni.
In un crescendo di enfasi, vecchia retorica ideologica, espressioni truculente di insulto e irrisione degli avversari, il gruppo di Alleanza nazionale ha guidato la maggioranza verso la bocciatura della legge Boato. Con una grossolana e consapevole distorsione delle questioni di merito si è messo al centro della contesa la vicenda processuale di Adriano Sofri e il giudizio storico su una fase infelice della vita repubblicana.Europa, 18 marzo 2004
Un gruppo politico appesantito dalle scorie indigerite di una vecchia appartenenza ha preteso di ribaltare sulle opposizioni la responsabilità morale di storie di violenza e terrore. Eppure il nostro intento era quello di restituire alla sua pienezza un potere autonomo del presidente della repubblica secondo i principi ispiratori della Costituzione. Il potere di grazia è per sua natura un potere autonomo: distinto strutturalmente dall’amministrazione della giustizia, esercitato dal capo dello stato nella sua veste di organo dell’unità nazionale, sottratto all’influenza di interessi di parte, in un’area separata da quella in cui agisce la politica. Noi sosteniamo che la grazia non può essere nella disponibilità del governo, in qualche modo segnata dal gioco delle diverse mutevoli maggioranze.
Il potere di grazia non può essere dispensato e neppure interdetto dagli organi di governo. E’ indispensabile definire in modo esplicito il ruolo del ministro di giustizia chiamato ad attestare con la controfirma il carattere di legititmità formale dell’atto presidenziale. La controfirma da un lato assume una funzione del tutto speculare rispetto a quella svolta dal capo dello stato sugli atti governativi e per un altro impegna il ministro a dare esecuzione alla decisione del presidente.
Era indispensabile questa norma? Era superflua? Secondo autorevoli giuristi la previsione dell’art. 87 della Costituzione non ha bisogno di norme che agevolino una compiuta ed efficace attuazione. E tuttavia le circostanze politiche e di immanente conflitto tra le istituzioni in cui è maturata questa proposta di legge hanno reso concretamente ineludibile un esplicito pronunciamento del parlamento. Non è un caso che il capo dello stato abbia voluto combinare le sue prerogative formali con una testimonianza non equivoca del suo discernimento politico. E con il suo consenso la camera avrebbe espresso una risposta positiva alle sollecitazioni del presidente della repubblica.
Così non è stato. Ma vale comunque ribadire con assoluta chiarezza che la legge Boato, per noi, non ha mai voluto costituire un grado suppletivo di giudizio del processo Calabresi, né che si volesse da parte del centro sinistra una implicita riforma della sentenza di condanna per Adriano Sofri. Molti dei protagonisti delle leggi vergogna, esponenti di quei partiti ha hanno usato il potere legislativo per alterare il corso della giustizia hanno tentato di ritorcere sul centro sinistra l’accusa di fare leggi ad personam. E’ vero il contrario: una viscerale ossessione contro Adriano Sofri ha guidato i comportamenti di quanti hanno voluto bocciare la legge Boato.
La grazia non interviene per modificare, correggere la funzione esercitata da altri poteri costituzionali. La grazia nel nostro ordinamento si configura come intervento straordinario che ha il fine di eliminare una sofferenza irrogata in piena legalità dal giudice penale quando si verifichino le condizioni e maturino giudizi riferiti ad ogni singola persona, non riconosce un diritto di chi la riceve ma esprime la generosità di chi la concede. E Dio solo sa se in questo paese, oggi, non ci sia bisogno di generosità e di buon senso.