Il Manifesto, 20 Novembre 2007
La Cdl è esplosa. Berlusconi ha fallito la strategia seguita negli ultimi 18 mesi, quella della resistenza al verdetto del 2006.
Ha rifiutato ogni giorno il confronto di merito, ha chiesto ogni giorno le elezioni.
Fino al finale, una delle pagine più nere. Un leader rimasto per giorni al telefono con i singoli senatori chiedendo il cambio di schieramento”.
Presidente Antonello Soro, lei è il capogruppo del Pd alla Camera, il più grande gruppo parlamentare. Dà Berlusconi per politicamente finito?
Berlusconi è un attore straordinario della politica italiana e non bisogna sottovalutare le infinite risorse. Il cambiamento radicale nel rapporto con la maggioranza e con gli alleati è una novità. Una decisione che dà ragione al Partito democratico, sia nella scelta delle primarie che nella concezione de l bipolarismo, con alleati che non siamo obbligati ma che scelgano di allearsi.
Ma lui ha detto: il bipolarismo è finito.
E invece la democrazia dell’alternanza, in cui il cittadino-elettore possa scegliere lo schieramento che governa, è possibile. Ci vuole una legge elettorale che consenta agli schieramenti di proporsi con programmi omogenei. Ma non do per scontato che il riferimento debba essere al sistema tedesco. Dobbiamo fare un sistema che reintroduca forti elementi di proporzionalità, per evitare le alleanze obbligate, non a posteriori, dichiarandole il giorno prima. Ma consenta la governabilità. Si studierà il meccanismo. Sbaglia chi propone ora una soluzione mediabile. Proponiamo gli obiettivi. Tre: una forma di bipolarismo sull’omogeneità dei programmi. Meccanismi che assicurino il pluralismo nelle coalizioni, lotta alla frammentazione. Ma non basta, ci vuole una riforma del sistema istituzionale.
Ma Berlusconi dice invece: legge elettorale e poi al voto.
Non esiste che Berlusconi indichi i termini della legislatura. Oggi è più debole di una settimana fa, e già una settimana fa non aveva le carte per indicare il giorno e il mese in cui si chiude la legislatura. Può concorrere al dibattito, per evitare di essere isolato. E questo p un fatto apprezzabile. Ma finisce lì. Il 2008 è l’anno delle riforme. E si faranno serparndo questo terreno dalla fisiologica dialettica fra maggioranza e opposizione.
Però la proposta elettorale di Berlusconi, proporzionale più sbarramento, rischia di piacere a molti, più di del “veltronellum”. Fuori e dentro il Pd, dove D’Alema e RuteLli da sempre si dichiarano per il tedesco puro.
Ma quel meccanismo non garantisce la governabilità né la titolarità del cittadino-elettorale della scelta dello schieramento. Ci ragioneremo insieme. Non precipitiamo a indicare il punto di arrivo. Magari non sarà la proposta Veltroni-Vassallo. Al momento sul obiettivi c’è una grande condivisione.
E poi al voto, dice Berlusconi, perché la maggioranza è implosa.
Oggi Prodi è più forte perché ha superato una prova molto difficile al Senato. E grazie anche a Veltroni: hanno dimostrato di avere una strategia comune.
Veramente Veltroni dice che nel 2009, dopo le riforme, si va al voto. Prodi ha sostenuto di nuovo ieri che durerà fino al 2011.
Prodi è realista. Sa bene che una volta completato il ciclo delle riforme istituzionali bisognerà tornare al voto. Se questo si verificherà nel 2009 o nel 2010 non sta né a me né ad altri stabilirlo. Sapendo che intanto nulla impedisce che il centrosinistra sviluppi maggiore coesione, come del resto sta succedendo.
Immagino che alla fine di questa legislatura la coalizione non rimarrà identica a quella attuale. Dovremo concludere questo ciclo con la proposta di una coalizione che abbia un tasso di omogeneità maggiore rispetto al 2006. Ma è una cosa che stiamo già costruendo giorno per giorno. Le distanze fra Pd e Prc, tanto per fare un esempio, sono minori rispetto all’inizio della legislatura.
Tradotto: non è detto che, date le trasformazioni in corso, in futuro ci sia una coalizione con l’Udc piuttosto che Rifondazione, ma non è detto neanche il contrario.
Non lo so, è sbagliato prefigurare scenari. Ma penso che il Prc stia dando un’importante prova di senso alla coalizione.
Nel Pd la pensano tutti cosi? Follini ha fatto un passo indietro. C’è malumore fra gli ex dc?
Follini non ha lasciato il Pd, ha espresso dubbi e riserve sulle modalità con le quali Veltroni lo sta costruendo. Non è l’unico del resto.
Ma non è il ministro Parisi, che se ne lamenta dall’inizio. Follini è stato in silenzio. E ora ha fatto il gran rifiuto.
Follini è una risposta della politica italiana. Lo rispetto, anche se dice cose che non condivido. Del resto è difficile costruire organi di governo dei partiti pari a un terzo della somma di quelli dei partiti di provenienza senza suscitare qualche perplessità. Ma nelle assemblee c’è una gran voglia di fare una cosa nuova.
Questo è il più importante di ogni legittimo dubbio.