Camera dei Deputati, 22/06/2008
«Signor Presidente, noi abbiamo apprezzato e condiviso la decisione di indicare nel Parlamento il luogo del confronto e dell’assunzione di responsabilità sulla vicenda politica presente. Sono trascorsi venti mesi dalla formazione del Governo e non abbiamo rimosso dalla nostra memoria e da quella collettiva i segni del declino del Paese ricevuto in eredità dal Governo guidato per cinque anni proprio dall’onorevole Berlusconi, che oggi sembra proporsi come straordinaria novità. Invece vorrei ricordare all’onorevole Berlusconi che è stato il principale protagonista di un’esperienza politica e di goverrno assolutamente fallimentare.
Ci avete consegnato un Paese a crescita bloccata con saldo zero, deficit fuori controllo lontano dai parametri europei, un bilancio pubblico privo di avanzo primario, esportazioni al minimo storico dal dopoguerra.
So che all’opposizione non piace sentire queste cose e che preferisce il polverone della polemica gridata, ma oggi l’Italia si è rimessa in moto. Le agenzie internazionali di rating hanno usato il termine «straordinario» per apprezzare la virata impressa alla finanza pubblica e all’economia nazionale: si tratta di cifre, non di opinioni. La parola di Almunia, onorevole Fini, in questo campo vale più della sua.
Per la prima volta dopo molti anni è certificato: si è invertita la tendenza della spesa pubblica a crescere; sono aumentati in termini assoluti e in quote di mercato le nostre esportazioni; si è aperta una seria «feroce lotta all’evasione fiscale», come l’ha definita il Presidente Prodi. Essa ha fatto guadagnare al bilancio pubblico 20 miliardi di euro, che noi vogliamo restituire alle famiglie al fine di aiutarle ad affrontare la crescita dei prezzi e ad aumentarne il potere d’acquisto.
È già partita una prima importante azione di redistribuzione della ricchezza nazionale e si è riaperta la politica di concertazione con le forze sociali. Questi e altri risultati – richiamati ieri dal Presidente Prodi – si rivelano tanto più importanti in quanto sono stati tenuti in un contesto strutturale di debolezza numerica della maggioranza al Senato, che ha favorito l’esaltazione patologica della rendita di posizione di singoli senatori e quella vergognosa «campagna acquisti», confermata, senza pudore, dello stesso protagonista.
Sappiamo che i risultati positivi – nettamente positivi – del Governo Prodi non sono stati adeguatamente percepiti dall’opinione pubblica.
Onorevoli colleghi, ciò accade, però, non solo in Italia, ma quando chi governa privilegia gli interessi degli italiani rispetto a un’effimera popolarità dei sondaggi. Sappiamo, però – vogliamo affermarlo oggi in quest’Aula -, quanto sia rischioso interrompere il ciclo di Governo e aprire una lunga stagione di instabilità e di conflitto in una fase in cui il distacco dei cittadini dalla politica è cresciuto oltre ogni limite.
Le vicende di questi giorni non riducono, ma allargano il solco. Nella giornata in cui i mercati finanziari hanno registrato la crisi più importante degli ultimi venticinque anni – e solo due giorni dopo la dichiarazione di appoggio esterno al Governo -, il senatore Mastella ha preso la decisione di passare dal disimpegno alla sfiducia.
Abbiamo cercato di comprendere le ragioni vere di questo cambiamento e devo riconoscere che mi sembrano ancora oscure. Nei giorni scorsi, in quest’Aula, abbiamo espresso, senza incertezza, solidarietà personale e politica e abbiamo rinnovato un giudizio assolutamente positivo sui contenuti della politica di giustizia presenti nel documento annuale presentato dal Ministro Mastella alle Camere. Con la stessa chiarezza abbiamo confermato la nostra fiducia nella Costituzione, nella divisione dei poteri, nell’indipendenza e nell’imparzialità della magistratura, nel nostro ordinamento e nella capacità della nostra democrazia di offrire e di produrre anticorpi nei confronti di qualunque degenerazione e di qualunque abuso. Sta qui, per caso, la ragione dell’attuale distinzione e della nostra presunta freddezza? Non lo penso e non vogliamo pensarlo.
Signor Presidente, nei mesi scorsi è maturata, in questo Parlamento, nella maggioranza e nell’opposizione, una volontà di ricercare un grande accordo per le riforme, attraverso una nuova stagione di reciproco ascolto, di riconoscimento e di rispetto. Abbiamo sostenuto la necessità di un compromesso costituzionale alto e limpido, nell’accezione alta evocata con grande efficacia, questa mattina, dal Presidente Napolitano.
Abbiamo affermato – ci sembrava un giudizio condiviso – che il sistema politico e istituzionale del Paese è vecchio e inefficiente, che la nostra democrazia ha un grave difetto di capacità decidente e che la frammentazione politica è ormai patologica e vincola in modo inaccettabile l’attività del Parlamento e del Governo.
Noi pensiamo che siano ancora validi quei giudizi e che, in assenza di riforme, le elezioni anticipate non potrebbero risolvere i problemi degli italiani, ma riprodurrebbero, forse anche a parti invertite, gli attuali problemi. L’opposizione ha cambiato idea? Tutta l’opposizione ha cambiato idea? Ho ascoltato, oggi, un invito ossessivo al voto, come una medicina per i mali del Paese. Questo invito mi è sembrato più generato da un desiderio di rivincita, da una pulsione incontenibile – anche un po’ inelegante e affannata – verso il bottino, piuttosto che esser frutto di un nuovo e diverso progetto. Abbiamo sentito, in queste ore, molte parole pesanti, sopra le righe, fuori da ogni galateo costituzionale, che evocano la piazza contro il Parlamento e, nel caso del senatore Bossi, anche peggio. Credo che questi non siano i moderati dell’Italia.
Il Partito Democratico è nato con una missione precisa: rendere possibile l’innovazione che è necessaria all’Italia. Non abbiamo mai pensato che il sostegno al Governo fosse alternativo alla nostra proposta di innovazione e di riforme, e non abbiamo mai usato la nostra presenza nel Governo, i nostri numeri in Parlamento, per minacciare, lo voglio dire anche ai colleghi della maggioranza: non vi è una sola agenzia di stampa nella quale il Partito Democratico minaccia la crisi. Ne abbiamo lette molte altre e di ciò siamo ancora costernati.
Noi siamo nati, come partito, per rendere possibile l’innovazione che serve all’Italia. Perciò, noi democratici vogliamo consegnare al Parlamento, insieme alla fiducia nel Governo guidato da Romano Prodi, un proposito limpido e forte, per proseguire con tenacia e senza ripensamenti ogni sforzo per le riforme della nostra democrazia.»