Riforme. Il capogruppo del PD

 

«Non capisco D’Alema» Soro dice no al tedesco
Il Riformista , 04 Gennaio 2008


La professione di fede presidenzialista e ultra-francese di Dario Franceschini su Repubblica? «A dire il vero non mi pare che Dario abbia detto una cosa nuova, Quel modello è stato al centro del discorso torinese in cui Veltroni annunciò la sua candidatura a leader del Partito democratico. Sia chiaro, però, che quel tipo di riforme, che sono nel Dna della nostra forza politica, non si possono fare in questa legislatura».

Così parla Antonello Soro, che affida al Riformista il suo pensiero su legge elettorale e riforme istituzionali, governo Prodi e tenuta della maggioranza. Senza trascurare le polemiche sulla laicità, che stanno investendo loft e dintorni.

La premessa del presidente dei deputati del Pd è perentoria: «Dentro il Partito democratico non c’è nessuno, e men che meno Veltroni e Franceschini, che lavora per far cadere il governo Prodi. La nostra fedeltà a questo governo l’abbiamo dimostrata da ultimo nel dibattito sulla finanziaria, dove abbiamo fatto non pochi sforzi per arginare le pretese, a volte assurde, di certi nostri alleati».

Soro scorre la pila di lanci di agenzia contro l’analisi ultra-francese rilasciata da Franceschini due giorni fa. «Mi verrebbe da dire che il dibattito che si è scatenato è a dir poco schizofrenico. Ma come si può pensare che proprio nel Partito democratico, quello che ha fatto più sforzi per aprire i canali di dialogo con tutte le forze politiche, ci sia la tentazione di far saltare il tavolo?»

Quanto alla stizzita reazione di Massimo D’Alema durante il suo colloquio con Massimo Giannini di Repubblica, Soro dice: «Se devo essere sincero, non ho ben capito le parole e i toni dell’intervista di D’Alema. Mi spiego:il Pd si è posto come obiettivo quello di arrivare a una riforma elettorale condivisa; ma questo non vuol dire che dobbiamo fare una riforma qualsiasi a tutti i costi. Veltroni ha fatto capire che non accetta compromessi al ribasso. E i compromessi al ribasso, aggiungo io, non fanno bene al Pd e nemmeno a D’Alema, che fa parte di questo partito». Il vicepremier è uno dei più convinti sostenitori del modello elettorale tedesco. Su questo terreno, Soro chiarisce; «Francia, Spagna, Inghilterra e Germania hanno sistemi elettorali che funzionano. Ma l’Italia, con la sua miriade di partiti personali, tardo-ideologici, autoreferenziali, ha bisogno di un sistema che riduca la frammentazione. Importando il sistema tedesco così com’è non renderemmo un buon servizio al paese. Perché quel tipo di proporzionale, a mio avviso, darebbe la possibilità a una forza-ago della bilancia di decidere volta per volta chi governa».

Morale della favola? Soro non si esprime sulle carte coperte che Veltroni nasconde nella manica (compreso il doppio turno di coalizione mutuato dal fu patto della crostata bicamerale). Per il capogruppo del Pd a Montecitorio, «dobbiamo tutti concentrarci sulla bozza Bianco, che non è “la proposta del Pd”, ma un punto di partenza su cui è possibile arrivare a una sintesi in Parlamento», E ancora: «Ragionando per assurdo, mettiamo pure il caso – dice Soro – che ci sia una bozza su cui tutti i dodici partiti dell’Unione possano trovare un accordo. Secondo lei abbiamo in numeri per approvarla in Senato? E se non ce li abbiamo che facciamo, chiediamo ai partiti dell’opposizione di ratificare il nostro accordo? Suvvia… Sgombriamo il campo dagli equivoci ed evitiamo di fare il gioco speculare a quello del Berlusconi di un mese fa. Il governo non c’entra. L’accordo sulla legge elettorale va trovato in Parlamento»

Non è tutto. Soro vuol togliersi qualche sassolino nella scarpa a proposito dei tanti niet dei “piccoli” del centrosinistra. E, nel farlo, anticipa un possibile piano B. «A questa grande discussione è giusto che tutti abbiano pari dignità. Non solo, il Pd deve farsi carico di ascoltare le ragioni di tutti i partiti. Ma i piccoli stiano attenti a continuare sulla strada del veto sempre e comunque. Perché, se cade Prodi, o c’è un nulla di fatto oppure può capitare che le riforme vengano fatte senza di loro»

Visto che i guai non vengono mai da soli, dentro il loft è in corso anche l’animata discussione sulla laicità. «La laicità dello stato non è in discussione», dice Soro. Che aggiunge: «A volte, anche dentro il nostro partito, facciamo un po’ di confusione. Io rispetto tutte le posizioni, anche quelle di chi, al momento di decidere, si appella alla libertà di coscienza. Mi piacerebbe però che la libertà di coscienza fosse il punto finale del dialogo, non quello di partenza». Favorevole alla revisione della legge sull’aborto? «No». risponde il capogruppo del Pd alla Camera. Prima di precisare che «un dibattito su questo tema è comunque importante». Naturalmente.

 

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