Il 7 dicembre del ’95 alla Camera, la dichiarazione di voto favorevole al programma del governo per il semestre di presidenza italiana dell’Unione europea. Le richieste dei popolari richiamano una politica di pace e di integrazione.
Il gruppo del PPI ritiene che il programma di lavoro della presidenza italiana in Europa, presentato dal presidente Dini, possa costituire una buona base per esercitare con successo l’alta funzione del semestre. Nell’ambito di quel programma intende richiamare l’attenzione su alcuni punti, particolarmente cari ai cattolici democratici e alla migliore tradizione europeista.
Innanzi tutto crediamo che l’Italia, per la sua storia, la sua civiltà, il suo potenziale umano, debba farsi promotrice dell’avvio di una terza fase dalla costruzione dell’Unità europea. Dopo la prima stagione, caratterizzata dai grandi ideali sotto la spinta delle personalità di Adenauer, De Gasperi e Schuman, e dopo il periodo del processo gradualistico dell’integrazione, è ora il tempo di dare forti motivazioni per una unità più profonda dei popoli, all’insegna di una solidale cittadinanza nella ricchezza delle varietà delle culture. Occorre cioè un salto di qualità nell’itinerario dell’unificazione politica, salto che il trattato di Masstrich ha solo parzialmente avviato.
La fine della frattura politica con la caduta dei muri e con il tramonto della ideologia, consente ed esige una sorta di ecumenismo europeo, capace di trasferire su un piano più elevato gli originali parziali contributi delle singole culture ed esperienze di vita.
Un secondo obiettivo è rappresentato per noi da una coraggiosa iniziativa di pace, non soltanto indirizzata a sanare le tensioni, armate e non, della penisola balcanica, dell’Oriente europeo e di altre aree di conflitto, ma rivolta ad attuare nel vecchio continente una politica internazionale fondata sui diritti umani e a fare di essa la leva per l’inizio di una revisione della struttura e del funzionamento degli organismi internazionali a cominciare dall’ONU. I diritti umani possono essere il fondamento di una sorta di nuova costituzione europea e nel contempo lo strumento della sua unitaria politica estera.
In terzo luogo riteniamo che una vera integrazione, oltre che attraverso l’unione della moneta e del mercato, deve passare per una politica sociale attenta alla valorizzazione di tutte le risorse umane, non in mera funzione di risposta alle richieste del mercato del lavoro e della produzione, bensì in vista della promozione delle persone, delle famiglie, delle realtà intermedie e locali, in modo che il processo di sviluppo sia affidato principalmente alla soggettività dell’intera comunità.
In questo contesto appare in tutta la sua centralità il problema dell’occupazione.
L’Unione europea deve porre questo problema come obiettivo primario della sua politica.
19 milioni di uomini e di donne d’Europa privi di lavoro devono avvertire che risiede nell’Unione l’orizzonte della speranza.
Infine siamo consapevoli che l’obiettivo della convergenza economica e dell’Unione monetaria rappresenta la precondizione ineludibile per una comune responsabilità e per una affidabile reciprocità nel Governo del nostro continente e nel dispiegarsi di una cittadinanza che vinca la cultura della diseguaglianza.
Ma siamo anche consapevoli che il nostro Paese deve fare uno sforzo straordinario perché coincidano le nostre esigenze di risanamento del Bilancio pubblico e di riorganizzazione interna con l’appuntamento fissato a Maastrich.
Abbiamo apprezzato il riferimento operato dal Presidente alla necessità di accorciare il tempo della manovra di allineamento dentro un biennio.
Questo comporta per tutti noi la consapevolezza di un orizzonte di rigore al quale non potremo sottrarci nel nome delle convenienze di una stagione elettorale.
Per questo voglio dire all’on. Dotti che non si può illudere il Paese che esiste la possibilità di avere sconti rispetto agli impegni che abbiamo contratto.
Non è il momento di aprire negoziati sulla interpretazione degli accordi.
Esiste invece il bisogno di rendere partecipe il Paese, gli italiani, della prospettiva dei vantaggi dell’Unione, di un appuntamento che lungi dall’essere demonizzato, deve diventare patrimonio comune, nella coscienza degli italiani, nel senso di un evento positivo.
Dobbiamo trovare le condizioni per rintracciare dentro la politica del nostro Paese il profilo alto dei nostri doveri e, insieme, le ragioni di una nuova più larga coesione nazionale.
Dentro questa prospettiva, Signor Presidente, abbiamo confermato nei giorni scorsi, e oggi vogliamo ribadirlo, la necessità – nel nostro giudizio – di una Presidenza del semestre che non subisca il travaglio di una interruzione nella responsabilità della guida.
Con questi intenti voteremo il documento di indirizzo e, insieme, il nostro consenso alle sue comunicazioni.