Il governo Prodi si trova subito nella necessità di varare una manovra economica aggiuntiva per consolidare le possibilità di ripresa del Paese. Il 31 luglio ’96, in Aula alla Camera, la dichiarazione di fiducia dei popolari.
Il gruppo dei popolari e democratici esprimerà la sua fiducia al Governo e alla linea di politica economica contenuta nella manovra. Il Governo Prodi in due mesi ha dispiegato un complesso di iniziative, di atti, di provvedimenti in piena coerenza con il programma presentato agli elettori il 21 aprile. Nessun contrasto intorno a singole misure o modesti episodi di fisiologica distinzione nello stile politico dei ministri: niente di questo può rimuovere le ragioni fondanti del contesto politico all’interno del quale si muove questo Governo e, più generalmente, la vita di questo Parlamento. Il successo dell’attività di Governo è misurato dai riscontri interni e internazionali, dai segnalatori più esigenti della credibilità di una compagine. Non solo i mercati e la Banca d’Italia, ma il comune sentire della gente guarda con fiducia al tentativo in essere di attuare una seria esperienza di risanamento e di riforma del nostro Paese.
L’enfasi posta da alcune componenti del Polo circa possibili tensioni all’interno dei partiti della coalizione appaiono non solo infondate sul piano sostanziale, ma chiaramente espressive di un inconfessabile sentimento di disagio politico, rivelano un’insanabile nostalgia di una ginnastica parlamentare fatta di ribaltoni e tradimenti che appartiene al vissuto di chi li rimpiange, ma non trova ragionevoli prospettive in questa legislatura.
Per tali ragioni esprimeremo fiducia al Governo Prodi, e nel contempo apprezzamento per la manovra economica. La manovra è coerente con il documento di programmazione economico-finanziaria che il Parlamento ha approvato pochi giorni fa; risponde ad un delicato complesso di condizioni e di obiettivi che caratterizzano la politica economica del Governo. Si propone, infatti, di ridurre l’aumento tendenziale del deficit per riportarlo all’interno della tendenza programmata, di non aumentare la pressione fiscale, di contenere o escludere gli interventi straordinari e congiunturali, di non incidere sulla spesa con misure che indeboliscano lo stato sociale, di non gravare in modo significativo sul costo del lavoro, di non innescare spinte inflattive, di non restringere ulteriormente la domanda interna.
La manovra, inoltre, si prefigge obiettivi di semplificazione delle procedure e di miglioramento dei servizi pubblici; non introduce innovazioni certamente radicali ma in qualche modo anticipa percorsi di riforma; produce alcuni effetti durevoli e alcune modifiche strutturali; non colpisce i redditi più bassi; non spinge nessuno oltre la soglia della povertà; affronta con misure concrete il problema dell’elusione fiscale, senza la pretesa di risolverlo, ma aprendo una pista in qualche modo inesplorata nel nostro ordinamento. L’iter della manovra in Commissione ha fatto registrare un contrasto radicale tra le diverse posizioni. Si è lamentata una impermeabilità della maggioranza rispetto alle tesi dell’opposizione; si è contestata l’indisponibilità ad accogliere correzioni e suggerimenti. Ma nello stesso tempo si è rivendicato con orgoglio il carattere alternativo delle proprie indicazioni un po’ enfaticamente definite contromanovra.
Noi siamo molto rispettosi di tali giudizi; tuttavia la presentazione di 250 emendamenti su un testo di 12 articoli non evoca l’idea di un desiderio di contributo migliorativo, piuttosto di rappresentazione oppositoria in qualche modo disinteressata rispetto all’esito legislativo. In tali emendamenti abbiamo rilevato molte politiche, da quelle in qualche misura davvero alternative del professor Marzano alle tante che esprimevano esigenze particolari, talvolta contraddittorie, nell’indicazione di modifiche ai tagli della spesa.
La tesi principale del professor Marzano è rispettabile ancorché non condivisibile. Egli ha proposto una manovra giocata interamente sui tagli di spesa e sono stati proposti tagli non in modo selettivo, ma orizzontale, indiscriminato, facendo riferimento alle quantità dei residui censiti al 31 dicembre oppure ai decreti-legge adottati dal Governo Dini. Tale approccio è assai bizzarro e, per certi versi, sorprendente. Non posso non associare questa proposta all’intervento, svolto in Assemblea l’11 luglio scorso dall’onorevole Berlusconi. In quell’occasione l’onorevole Berlusconi ha rivolto al Governo una forte e vibrata diffida a non approvare un disegno di legge di generale sanatoria degli effetti prodotti dai decreti-legge non convertiti. L’onorevole Berlusconi ha sostenuto, tra l’altro, l’assurdità di un provvedimento che, facendo di ogni erba un fascio, non avrebbe consentito un giudizio compiuto per ogni singolo decreto-legge, valutando situazione per situazione e caso per caso. Devo confessare che personalmente ho trovato tale preoccupazione non priva di fondamento.
Poi, l’onorevole Marzano, però, ci propone l’azzeramento di tutta la spesa collegata ai decreti-legge in modo indistinto.
Ritengo che non vi sia coerenza tra tali due posizioni.
Ancora, il professor Marzano ha proposto di fare riferimento unicamente ai tagli di spesa; ma gli emendamenti proposti dal Polo erano volti a contestare radicalmente tutte le proposte di riduzione della spesa, ritenendole eccessive, insopportabili.
Abbiamo colto, dunque, più di una contraddizione; tuttavia non ci siamo sottratti al confronto. Eppure dobbiamo intenderci sul significato di un confronto parlamentare sulla manovra economica di correzione, cioè sul provvedimento che attua scelte fondamentali di governo della finanza pubblica.
Da molti è stata lamentata come straordinaria la pretesa di non recepire emendamenti su un testo che giunge alla Camera in seconda lettura. Tale rilievo a noi sembra in contrasto con una ricorrente esigenza da tutti condivisa, non solo dai presidenzialisti ma anche da chi, come noi, riconoscendo la centralità del Parlamento, ritiene ineludibile un rafforzamento dei poteri dell’esecutivo e la certezza del percorso legislativo.
Sono personalmente favorevole al principio della non emendabilità delle manovre di bilancio; comunque, credo che nel presente ordinamento non dovremmo considerare assurda ed infondata la pretesa di un esecutivo e di una maggioranza di mantenere la coerenza delle proprie proposte in ordine alla finanza pubblica.
Tale vicenda pone questioni più generali che riguardano il funzionamento della nostra democrazia in un Parlamento che si prepara ad un’intensa stagione di riforme.
E’ difficile non registrare una contraddizione in presenza delle costanti rivendicazioni per una democrazia più efficiente, più agile nelle decisioni, assolutamente estranea alle pratiche del consociativismo.
Allora paiono incomprensibili i comportamenti che hanno segnato il cammino di tale provvedimento prima al Senato e poi alla Camera, il ricorso frequente alla mancanza del numero legale, l’ostruzionismo della Lega.
L’ostruzionismo praticato in questi giorni è apparso, in tutta la sua povertà, il tentativo di un esercizio muscolare senza scopo, una dimostrazione di ritardo straordinario rispetto alla cultura del nostro tempo politico. La minoranza, le opposizioni sono libere di scegliere la forma politica più congeniale alle proprie posizioni. E’ però altrettanto innegabile la nostra libertà di esprimere nei confronti di questi atteggiamenti, di queste forme, tutto il nostro dissenso. Per queste ragioni il voto di fiducia segna una risposta ragionevole all’ostruzionismo della lega ed è insieme, una conferma delle nostre intenzioni e del nostro programma di Governo.
Per tali motivi voteremo a favore della fiducia al Governo.