La Repubblica, 18/02/1998
“Sulle privatizzazioni esigiamo un chiarimento. Il rischio che si passi da un monopolio pubblico a uno privato esiste. È per questo che Franco Marini ha chiesto una verifica politica a Romano Prodi”.
Sembra evidente che la causa scatenante di questa richiesta sia stata la vicenda Telecom.
No, guardi, la preoccupazione che ci anima non ha a che fare con Telecom. Caso mai Telecom si presta a fare da modello per capire come sta avvenendo il processo delle privatizzazioni. In questi anni abbiamo avviato un importante processo di dismissione di imprese pubbliche: un processo giusto, che va continuato. Però vogliamo trovare insieme, con gli altri partiti della maggioranza e con il governo, i meccanismi attraverso i quali il processo delle privatizzazioni centri l’obiettivo vero, che è quello di far crescere il mercato dei capitali, allargare la base imprenditoriale del nostro Paese e accompagnare lo sviluppo del mercato finanziario con lo sviluppo dell’economia.
E secondo lei non sono questi gli obiettivi che si vogliono perseguire?
Temiamo che le dismissioni servano solo a fare cassa. E temiamo che si possa creare una concentrazione di poteri. L’intento del programma di governo non era certo questo. Lo Stato non può essere indifferente a quello che accade. Le esperienze di questi mesi ci devono indurre a una riflessione comune.
Onorevole, non è che sotto sotto rimpiangete i vecchi tempi delle partecipazioni statali?
Assolutamente no. Rifiutiamo l’accusa di essere quelli che frenano. Noi non mettiamo in discussione il processo delle privatizzazioni, ne denunciamo solo i pericoli. Ad esempio ci chiediamo come sia possibile che un gruppo di operatori, solo per il fatto di far parte del nucleo duro di Telecom, possa con 4mila miliardi acquistare il controllo di una società che ne vale 80mila.
Resta il fatto che ci sia uno strano tempismo tra la richiesta di verifica da parte del Ppi sulle privatizzazioni e le voci su un cambio della guardia a Telecom. Si è parlato di un asse tra il Pds e la famiglia Agnelli per sostituire Tomaso Tommasi di Vignano con Vito Gamberale. È questo che vi ha innervosito?
Dire che Gamberale sia gradito al Pds e alla Fiat e sgradito ai Popolari mi sembra sbagliato. Io non lo conosco, così come non conosco Tommasi, ma so che Gamberale è amico di Marini. Mi dispiace, ma si fa dietrologia politica verso qualunque cosa. Non si riesce a capire che i partiti hanno oggi il dovere di prestare la massima attenzione a certi processi e che questo non si lega con la sponsorizzazione di un manager rispetto a un altro.
Comunque il Ppi si è mosso quando queste voci hanno preso corpo
È un caso. Nel momento in cui si apre una seconda fase di governo non è più rinviabile la scelta di orientare gli investimenti, modificare le politiche per lo sviluppo e l’occupazione, sapere che succede nell’economia italiana. Rivendichiamo il diritto a chiedere una riflessione più generale.