presso la 8ª Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni) del Senato della Repubblica
(16 novembre 2016)
Premessa
Il cosiddetto “telemarketing selvaggio”, fenomeno distorsivo delle comunicazioni commerciali è, da tempo, all’attenzione dell’Autorità e oggetto di un’attività di deciso contrasto.
Le telefonate promozionali indesiderate costituiscono infatti una violazione rilevante della privacy dei cittadini rivelandosi, in alcuni casi, particolarmente aggressive ed invasive in ragione della loro frequenza con conseguente disturbo della tranquillità familiare, anche in presenza di situazioni “difficili” come persone malate, anziani, bambini.
Si tratta, comunque, di un tema delicato che coinvolge una pluralità di profili che devono necessariamente essere tenuti in considerazione.
Dai profili di competitività delle imprese e di condizioni paritarie nei mercati di riferimento, alla tutela dei lavoratori di un settore delicato come quello dei call center, ai diritti dei cittadini in merito alla protezione dei loro dati.
Profili complessi rispetto ai quali è necessario ricercare soluzioni equilibrate.
All’origine di questi problemi c’è sicuramente la scelta del legislatore che nel 2011 ha introdotto l’attuale regime per il trattamento di dati personali per finalità commerciali, fondato sul cosiddetto “opt out”, cioè sul rifiuto a posteriori, invece che sul consenso a priori.
Una decisione che, nonostante le forti perplessità dell’Autorità che ne ha sottolineato da subito i possibili risvolti negativi, ha finito, di fatto, col danneggiare l’intero settore del marketing telefonico.
Si tratta, del resto, di una valutazione che nasce da riscontri oggettivi, in ragione del fatto che il flusso delle segnalazioni pervenute alla nostra Autorità, in generale sul tema del telemarketing, ha assunto dimensioni considerevoli ed è in costante aumento.
Soltanto negli ultimi 5 anni abbiamo ricevuto oltre 25 mila segnalazioni riuscendo comunque ad avviare, per circa 13 mila di queste, una specifica attività istruttoria. Nello stesso periodo abbiamo effettuato circa 6 mila contestazioni per un valore complessivo di 7.800.000 euro, circa il 10% del totale delle contestazioni effettuate dal Garante in questo arco di tempo.
Basta questo semplice dato per avere la certezza che il Registro non ha di fatto soddisfatto le aspettative.
Nonostante la nostra quotidiana ed impegnativa attività (considerate le scarse risorse a disposizione), appare evidente, dai numeri sopra indicati, la necessità di individuare nuove e più efficaci forme di contrasto al fenomeno del telemarketing selvaggio.
Per avere un’idea della complessità del fenomeno del quale siamo chiamati a discutere, occorre considerare che il contenuto delle segnalazioni è estremamente variegato e ricomprende, oltre all’assenza del consenso degli interessati o delle pratiche scorrette poste in essere dagli operatori (o dalle imprese) per l’acquisizione dello stesso, anche l’estrema difficoltà per i cittadini ad esercitare in modo effettivo il diritto di opposizione anche, e soprattutto, in ragione della diffusa illecita pratica di oscuramento del numero chiamante.
Come noto il Registro delle opposizioni, operativo dal gennaio 2011, finalizzato ad impedire le telefonate da parte di operatori per fini di comunicazioni commerciali, è accessibile soltanto per gli utenti il cui numero (fisso) è presente negli elenchi telefonici.
Al 1 ottobre 2016 risultano presenti nel Registro oltre 1.515.000 numerazioni, che rappresentano circa un decimo rispetto ai 13 milioni di utenti che risultano in possesso di un telefono fisso con numerazione presente negli elenchi telefonici. Le utenze telefoniche, fisse e mobili, attualmente presenti in Italia sono poco più di 117 milioni.
Per altro verso, la tutela in regime di “opt in” sconta le difficoltà legate al proliferare di pratiche scorrette di acquisizione del consenso in occasione dell’acquisto di beni o servizi, in particolare online (dove sono frequenti i casi di cosiddetto consenso obbligato o, meglio, predefinito), o per il tramite di siti che operano quali aggregatori di dati (con scarsa o nessuna consapevolezza da parte degli utenti) o, ancora, nella frequente opacità presente nelle richieste di cessione di dati a terze parti.
Indipendentemente dalle frequenti violazioni delle procedure previste dalla legge per l’acquisizione del consenso, anche quando questo sia stato espresso correttamente, è diventato sempre più difficile per il cittadino utente esercitare il diritto di opposizione.
Riteniamo positivo il fatto che si sia finalmente aperto un nuovo ed intenso dibattito anche in sede Parlamentare rispetto al quale, il disegno di legge in esame, si pone l’obiettivo condivisibile di offrire ai cittadini un più incisivo strumento di tutela.
Sul disegno di legge
Il punto centrale della proposta, novellando l’art. 130 del Codice, prevede il diritto del cittadino ad iscrivere, con una semplice richiesta, il proprio numero di telefono, sia esso fisso o mobile, nel Registro pubblico delle opposizioni, indipendentemente dal fatto che la numerazione sia o meno già presente negli elenchi pubblici degli abbonati.
È apprezzabile il contenuto della modifica proposta.
Da tempo abbiamo segnalato nelle sedi istituzionali l’opportunità di aprire a tutti gli utenti di telefonia, fissa e mobile.
In questo modo il Registro diventa per gli utenti in regime di “opt in” un presidio ulteriore per la tutela della propria privacy.
La specifica previsione che l’iscrizione al Registro comporti la cancellazione automatica di tutti i consensi dati precedentemente dall’interessato per le telefonate commerciali, ha il significato di una procedura aggiuntiva di revoca del consenso precedentemente rilasciato. Aggiuntiva, perché naturalmente resterebbe sempre possibile, per la via ordinaria, una revoca selettiva del consenso se riferita non a tutti ma solo ad alcuni operatori.
Rispetto alla scelta normativa sopra sintetizzata, le imprese compenserebbero lo svantaggio del reset (dei consensi) con una efficacia maggiore di ogni singola chiamata avendo la certezza di rivolgersi soltanto ad una platea di utenti veramente disponibili all’uso del proprio numero di telefono per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.
Occorre poi valutare anche un altro aspetto.
La consultazione del Registro delle Opposizioni è onerosa e questo elemento ha certamente contribuito a determinare la frequente elusione dell’obbligo di verifica preliminare rispetto alle campagne promozionali che le imprese intendono porre in essere.
Bisognerebbe individuare, nell’ambito delle relative modifiche da apportare al Regolamento che disciplina il Registro, forme tecniche, con software data matching di nuova generazione per abbassare il costo della consultazione preliminare delle imprese e farla diventare un’operazione estremamente conveniente.
Un Registro dunque più agile e meno costoso, prevedendo, eventualmente, delle forme innovative di abbonamento da parte degli operatori.
Il fenomeno del telemarketing selvaggio richiede comunque un approccio articolato per garantire effettiva protezione dei dati nel settore delle comunicazioni e, in questa ottica, sono da valutare le ulteriori misure contenute nel disegno di legge in esame che pongono l’attenzione anche su altri profili.
Un aspetto da considerare, strettamente connesso alle pratiche illecite nel settore oggetto di discussione, riguarda il trattamento dei dati effettuati dai call center.
Si tratta di un’attività che, generalmente, viene del tutto esternalizzata dalle società titolari che molto spesso tendono a sottovalutare i rischi, lasciando ai call center una grande autonomia nella gestione dei dati.
Su questo punto abbiamo più volte segnalato (anche in una precedente audizione) l’opportunità di attribuire una più esplicita responsabilità del committente di campagne promozionali (qualificabile come Titolare del trattamento) effettuate tramite l’ausilio dei call center, ai fini del pagamento delle eventuali sanzioni.
Questi soggetti, spesso, in sede di accertamento dichiarano al Garante di non essere in grado di identificare chi, agendo comunque con evidenza per loro conto, ha effettuato i contatti indesiderati e riconducono l’illecito nell’ambito di un evento fortuito.
In questa prospettiva sembra collocarsi l’art. 5 in tema di sanzioni del disegno di legge (2545) che richiederebbe però una più chiara e precisa formulazione.
Sarebbe necessario attribuire una più esplicita responsabilità solidale del committente di campagne promozionali con il call center.
Verrebbe favorito un circolo virtuoso nella selezione dei call center, scoraggiando l’affidamento sulla sola base del fattore costo (massimo ribasso) privilegiando qualità del servizio e fidelizzazione del fornitore e riducendo il profilo delle illiceità commesse.
Sul tema dei call center all’estero mi preme in questa sede richiamare l’importante lavoro che, anche in questo ambito, svolge la nostra Autorità.
In particolare, al fine di aumentare l’efficacia della nostra attività di contrasto, abbiamo sottoscritto specifici protocolli di intesa, che prevedono lo svolgimento di congiunte attività ispettive, con Albania e Kosovo al fine di verificare più agevolmente le attività dei call center all’estero.
Un aspetto che dovrebbe essere invece oggetto di attenzione, anche dal disegno di legge, attiene al fenomeno delle numerazioni oscurate (in spregio a quanto previsto dal d.P.R. 178/2010 che obbliga gli operatori “a garantire la presentazione dell’identificazione della linea chiamante e a non modificarla”) rispetto al quale risulta impossibile per il cittadino identificare la linea chiamante e rende di fatto impraticabile l’accertamento della sussistenza della violazione.
Si tratta di un fenomeno che ha assunto nel tempo dimensioni sempre più considerevoli in materia di telemarketing “selvaggio” e l’Autorità, nell’ambito dei poteri che le sono attribuiti dal Codice, ha adottato misure più puntuali per risalire ai numeri chiamanti nonostante l’oscuramento.
È stata infatti attivata una specifica procedura che consente di richiedere le numerazioni in entrata direttamente ai maggiori gestori telefonici (che generalmente forniscono il riscontro) e che consente un più efficace contrasto dei comportamenti illeciti. Anche su questo punto avevamo evidenziato l’opportunità di intervenire sull’apparato sanzionatorio anche prevedendo una specifica fattispecie per l’oscuramento del numero chiamante nell’ambito delle attività di telemarketing come pure aumenti di pena nel caso di recidiva.
Dall’analisi svolta emerge la complessità del fenomeno rispetto al quale l’Autorità è seriamente impegnata, con le sue scarse risorse, a cercare di fronteggiare ed arginare il problema.
Nel 2016 ha preso corpo una più intensa attività ispettiva che, partendo da casi singoli, ha consentito di accertare milioni di utenze oggetto di indebito contatto. Recentemente abbiamo accertato rilevanti comportamenti illeciti da parte di primarie società di telefonia, nei confronti delle quali sono stati emessi importanti provvedimenti sanzionatori, oltre che rilevanti provvedimenti di blocco dell’attività di telemarketing.
L’iniziativa di legge oggetto di discussione è da valutarsi positivamente perché individua un rinnovato quadro di garanzie rispetto a quello esistente che, con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento per la protezione dei dati personali (dal maggio 2018), sarà decisamente rafforzato con particolare riferimento all’impianto sanzionatorio, con ulteriori inasprimenti in caso di violazioni e di recidiva e con sanzioni fino al 4% del fatturato annuo.