La Nuova Sardegna, settembre 1992
Il confronto aperto tra i partiti autonomistici presenti in Consiglio regionale è contestuale all’approssimarsi di una crisi della Giunta regionale che si verifica a prescindere dalle motivazioni politiche che normalmente caratterizzano le crisi.
“A prescindere” non significa che i partiti che compongono la maggioranza attuale siano indifferenti all’evolversi del dibattito politico e alle prospettive possibili per la Sardegna.
La qualità del nostro confronto, la sua oggettiva utilità, la sua evoluzione positiva sarà agevolata da un atteggiamento più indirizzato al presente e al futuro piuttosto che al giudizio su quello che è stato.
Noi potremmo soffermarci ad esaltare la buona qualità del governo che ha guidato la Sardegna in questi anni, la sua coerenza con gli indirizzi di programma, fino all’ultima occasione, particolarmente significativa, dell’approvazione della legge elettorale.
E potremmo sottolineare con forza che non consideriamo esaurite le potenzialità dell’alleanza che ha guidato questa stagione, la tenuta e la coesione – anche personale – di questa compagine.
Per converso sarebbe certo pertinente che i partiti che hanno in questi anni rappresentato l’opposizione reiterassero in questa sede i loro giudizi e sottolineassero l’esigenza di un cambiamento radicale.
Ma gli uni e gli altri, se così facessimo, non aggiungeremmo concretezza ai nostri argomenti nè renderemmo più vere le nostre ragioni. Rischieremmo però di appannare, di sminuire il peso che oggi è dovuto ai contenuti, al “che fare”.
Il mio partito ritiene che sia indispensabile in questa fase un momento di comune riflessione sui temi che possono qualificare l’offerta di governo per il fine legislatura. Al centro poniamo, insieme ai temi della riforma delle istituzioni, quelli connessi all’emergenza economica.
La spirale travolgente della crisi del nostro Paese in ragione dei suoi caratteri strutturali e della speciale congiuntura internazionale all’interno della quale si colloca, indurranno nella nostra Regione una contrazione di risorse e di investimenti senza precedenti.
Gli effetti nella situazione occupativa, di per sé già difficilissima, saranno disastrosi.
La prospettiva è quella di una autunno carico di tensioni sociali, scandite da licenziamenti e chiusure nel comparto industriale, da esasperate proteste nel mondo artigiano e in quello rurale.
Non abbiamo la passione per le tinte forti né cerchiamo di dissimulare le angustie di responsabilità che non sono fatte di solitudine.
Molti sostengono che viviamo una stagione di opposizioni e di protesta in cui vince chi si spende contro.
A me sembra che oggi ci sia tanto bisogno di governo: in Sardegna più che altrove. La durezza della prospettiva per le famiglie sarde contrasta con la debolezza della nostra Autonomia che, da tempo, tutti ci proponiamo di riformare. Ma impone nel breve, ad oras, che il governo regionale, dentro questa Regione, ancorchè vecchia, selezioni misure – non programmi generici – capaci di adeguare la struttura del Bilancio regionale.
All’interno di coordinate della Programmazione che abbiamo posto in essere, occorre operare una profonda rivisitazione della spesa, orientando tutte le risorse mobilizzabili verso il sostegno al lavoro e alla produzione, verso obiettivi di equità sociale.
L’Autonomia regionale deve rappresentare, nel momento della maggiore difficoltà per le famiglie sarde, un riferimento positivo, un terminale di fiducia.
E il consenso per questo obiettivo va ricercato con coraggio, rinunciando agli interessi di parte. In questa circostanza abbiamo preso atto che alcuni partiti dell’opposizione hanno manifestato la loro disponibilità di governo.
Su questa fase pensiamo debba nascere la nuova Giunta regionale. Perseguiremo questo obiettivo senza trombe e fanfare, come qualcuno vorrebbe consigliarci, ma con la sobrietà e la serietà che il rigore dei tempi richiede.