Cultura di governo e ruolo di opposizione
La Nuova Sardegna, 12/04/1988
In queste settimane, con notevole ritardo, rispetto alle scadenze propagandate, la Giunta ha proposto al Consiglio regionale uno schema di interventi congiunturali, finalizzati all’occupazione. La cornice di riferimento naturale per il confronto, non ancora concluso, risiede nello stato di crisi della società sarda. Non occorrono più aride cifre per convincere qualcuno della gravità di una condizione che ha risvolti delicati, sul piano sociale e morale, e sui quali gioca la sua credibilità l’istituto autonomistico.
I meccanismi che regolano oggi i processi dell’economia sembrano tendere ineluttabilmente alla riduzione dei posti di lavoro: questo almeno accade nei tempi brevi e nell’area del Mezzogiorno d’Europa. Ed è per questo, in ragione di questa considerazione, che avvertiamo la necessità di pensare al problema occupazione, in termini concettualmente diversi rispetto alla tradizione delle nostre politiche.
Occorre trovare soluzioni che rendano compatibile l’itinerario dello sviluppo, che non possiamo abbandonare, con l’esigenza, impetuosamente avvertita, di soddisfare il bisogno più diffuso dei sardi.
Ma, ad un tempo, bisogna realisticamente accettare l’idea di dover separare la dimensione lavoro, inteso come fattore della produzione, dalla dimensione occupazione come bisogno elementare, ineliminabile dell’uomo. E quindi separare, non solo in orizzontale ma anche nella gerarchia delle priorità di spesa e di programma, l’obiettivo della creazione di nuovi posti di lavoro, anteponendolo al più generale contesto delle emergenze sarde.
Canalizzando in questa direzione il massimo delle risorse disponibili, mobilizzando il vergognoso “tesoro” dei residui passivi, attivando tutte le potenzialità insite nel nostro sistema produttivo.
Non è tuttavia possibile immaginare il governo di questo processo in un clima di contrapposizione, di scontro e di lacerazione dei rapporti politici, Il piano straordinario per l’occupazione, maturato come esigenza comune dalle forze autonomistiche e dal sindacato sardo, può essere momento di grande unità politica.
Questo traguardo, è possibile, anzi è necessario.
Noi crediamo che alcune condizioni vadano, in via pregiudiziale, assicurate per sfuggire le pericolose tentazioni, (insiste in una manovra di così grande peso) d’uso strumentale per interesse di potere personale e partitico.
E’ necessario ricercare garanzie di trasparenza, esaltando le opportunità di controllo da parte del Consiglio regionale e, insieme, delle forze sociali. E ancora: procedure e meccanismi di attuazione che non intacchino mai la certezza del diritto.
Infine è indispensabile una larga partecipazione delle soggettualità locali, per cogliere tutte le risorse di creatività progettuale, di fantasia, di cultura, di tutto il bisogno di partecipazione che esiste nella società sarda: per avere consenso e sostegno.
Se queste condizioni saranno assicurate, la Democrazia cristiana farà la sua parte, dimostrando come è possibile coniugare la propria culturadi governo con un ruolo responsabile di opposizione.