La zona franca delle illusioni
L’Unione Sarda, 25/11/1988
Il termine Zona Franca appartiene al vecchio dizionario dell’Autonomia regionale. Evoca i contorni di un’economia protoindustriale e di un confronto politico giocato su parole magiche, capaci di suscitare sogni ed illusioni.
Il dibattito sviluppatosi in Consiglio regionale, in un misto di freddezza nervosa e di passione malamente simulata, ha evidenziato in tutta la sua chiarezza, una sorta di strabismo politico; un occhio al vecchio termine e un altro ai nuovi contenuti.
La vecchia contesa fra Zona Franca e Punti Franchi è apparsa forte nei toni, evanescente nel riferimento tecnico legislativo. In realtà la franchigia doganale sopravvive nei testi delle diverse proposte di legge – unitamente al sistema di esenzioni fiscali – come residuato culturale, nostalgico di vecchie battaglie politiche.
Appare difficile prescindere dalle grandi trasformazioni intervenute nell’ultimo decennio. Molte cose sono cambiate rispetto ad alcune ipotesi legislative chiaramente datate. E’ cambiata la struttura stessa dell’economia occidentale e dei fattori che la condizionano, così come è cambiato il sistema dei poteri e il ruolo che, all’interno del sistema, giocano Stati e regioni. Per attualizzare e rendere positivo il senso dell’articolo 12 del nostro Statuto Speciale occorre richiamare tre riferimenti essenziali.
1)Il sistema economico – aperto e condizionato da interferenze universali – tutto giocato sulla selezione veloce delle competitività.
2) L’oggettivo divenire della legislazione meridionalistica che va progressivamente perdendo il carattere selettivo degli interventi e quindi degli incentivi.
3)Il sistema economico sardo caratterizzato da un forte squilibrio della bilancia commerciale, strutturalmente dipendente.
In questa cornice il problema centrale della politica di programmazione sarda resta quel- lodi perseguire lo sviluppo attraverso un forte rilancio degli investimenti, creando le condizioni perché questi siano convenienti, modulando i fattori di convenienza che, allo stato, sono modulabili. All’interno di questa prospettiva si colloca, per la Democrazia Cristiana, un sistema di esenzioni fiscali selettivamente orientate a sostenere la produzione, che per “nostalgia” del vecchio dizionario autonomistico, continuiamo a chiamare Zona Franca.
Ma questa è, nella sostanza, anche la posizione di altri partiti che, per opportunità contingenti, hanno esasperato le ragioni del consenso e del dissenso. La Zona Franca non può essere quindi disgiunta da una manovra complessa, da un disegno di alto profilo da portare al centro del dibattito nazionale, sul quale spendere tutta la capacità negoziale della nostra Autonomia Speciale. In forza di questo convincimento la Democrazia Cristiana ha posto il sistema di esenzioni fiscali per la Sardegna all’interno della propria iniziativa di legge per la Rinascita: il punto più alto di confronto col Parlamento nazionale. Noi siamo consapevoli che in questo momento la nostra autonomia sconta insieme i ritardi della Sardegna e la caduta verticale del meridionalismo nella coscienza nazionale; abbiamo presente la debolezza contrattuale di una Regione che somma la crisi del regionalismo in Italia alla reiterata incapacità di iniziativa politica delle Giunte Melis.
Per queste ragioni la scelta della maggioranza di una proposta di legge specifica per la Zona Franca, a iniziativa regionale, non ci convince e ci preoccupa. Il rinvio a momenti separati di contrattazione accresce la debolezza iniziale.
E’ forte in noi il sospetto che, al di là dell’obiettivo dichiarato, conti molto l’esigenza della maggioranza regionale, dei singoli partiti, di spostare a Roma il cerino, in una sorta di sublimazione liquidatoria.
Noi non abbiamo mai giurato sulle “magnifiche sorti e progressive” conseguenti alla Zona Franca, ma siamo fortemente convinti dell’utilità di questo strumento di politica economica. Per questo non ci siamo associati al coro, preferendo una posizione di chiarezza distinta e responsabile.
Se la proposta di legge approvata dal Consiglio regionale non avrà sorte migliore delle tante iniziative parlamentari ingiallite in questi anni negli archivi della Camera e del Senato, nessuno potrà imputare il destino cinico e baro.