“Padre” e “madre” su carta di identità: chiarimenti per chi non ha capito. Precisazione del Presidente dell’Autorità Garante per la privacy

(20 novembre 2018)

Il parere reso dal Garante sullo schema di decreto sulla carta d’identità elettronica ha suscitato polemiche e critiche, con toni spesso eccessivi e, soprattutto, argomenti espressivi di evidente ignoranza della questione. È bene fornire qualche minimo chiarimento.

Il parere reso dal Garante – su richiesta del Governo – riguarda la modifica  delle informazioni riportate sulla carta d’identità elettronica dei minorenni e l’indicazione dei soggetti che possano richiedere, per il minore, il rilascio di tale documento d’identità. La disciplina attuale prevede che la carta d’identità elettronica del minore rechi i nominativi dei suoi “genitori” e che il rilascio di tale documento possa essere richiesto, appunto, dagli stessi “genitori”. Il decreto intende invece sostituire (tanto nella carta d’identità, quanto nei moduli di richiesta e nella relativa disciplina) il riferimento ai “genitori” con quello al “padre” e alla “madre”.

Il parere del Garante ha, dunque, valutato la compatibilità di tale sostituzione terminologica – limitatamente allo specifico profilo “burocratico” del rilascio della carta d’identità e del suo contenuto – con la disciplina di protezione dei dati personali e, in particolare, con il principio di esattezza dei dati stessi e la tutela dell’identità personale.

In quest’ottica, la modifica introdotta dal decreto si è rivelata inattuabile in alcune ipotesi, con gli effetti discriminatori che necessariamente ne conseguono per il minore. Si pensi, ad esempio, ai casi nei quali egli sia affidato non al padre e alla madre biologici, ma a coloro i quali esercitino – secondo quanto previsto dall’ordinamento – la responsabilità genitoriale a seguito di trascrizione di atto di nascita formato all’estero, sentenza di adozione in casi particolari o riconoscimento di provvedimento di adozione pronunciato all’estero.

Ebbene, in tutti questi casi, la modifica proposta determinerebbe effetti paradossali: ne illustro due. A rigore, il minore affidato a soggetti che non possano definirsi suo padre e/o sua madre, non potrebbe ottenere mai la carta d’identità elettronica, non avendo appunto egli alcun padre o madre legittimati, essi soli, a richiederne il rilascio.

Per ottenere altrimenti il documento d’identità del minore, i soggetti che ne esercitino la responsabilità genitoriale dovrebbero essere costretti a una falsa dichiarazione, attribuendosi (con la responsabilità penale che ne consegue), identità a loro non appartenenti.

E anche ove la carta fosse rilasciata, essa recherebbe delle informazioni non veritiere circa l’identità dei soggetti esercenti la potestà genitoriale del minore: cosa chiaramente incompatibile con lo scopo stesso del documento identificativo.

È del tutto evidente che il parere reso unanimemente dal Collegio del Garante non tocchi minimamente materie riservate a scelte discrezionali del legislatore, ma si limiti ad applicare la disciplina vigente.

Ciò che ha espresso il Garante, quindi, non è affatto un’obiezione generale – tantomeno ideologica – alle nozioni di “padre” e “madre”: soltanto l’esigenza di non definire in tal modo chi padre o madre non sia, ma eserciti comunque la responsabilità genitoriale su di un minore, secondo quanto previsto dall’ordinamento.

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