Camera dei Deputati, 10/03/1999
Signor Presidente del Consiglio, credo che in questi giorni tutti abbiamo espresso, in una sintonia non artificiosa con i sentimenti degli italiani, indignazione e sconcerto per un caso di giustizia denegata che è apparso clamoroso. Considero il suo intervento un contributo importante per non archiviare questa vicenda in un coro di indignazione e di sconcerto, perché l’emozione non cancella la complessità e la delicatezza delle questioni connesse alla difesa della sicurezza.
Su molti degli interrogativi non ancora risolti vorremmo in futuro ancora parlare: non per un bisogno di polemica, ma per la circostanza che essi hanno aperto uno squarcio nei meccanismi che governano l’attività delle basi NATO in Italia. Esistono, nella vicenda del Cermis, aspetti non del tutto chiariti, che lasciano intendere una difformità di informazioni tra i comandi militari di stanza in Italia e quelli americani in ordine sia alla cartografia sia alle disposizioni circa le altezze di volo consentite.
La questione non ha carattere marginale, perché potrebbe rivelare una consuetudine dei comandi militari statunitensi a non tenere in conto le informazioni ricevute dall’Italia. Noi non ci vogliamo associare a quanti vogliono trasformare questo episodio in un improbabile revival di ostilità antiamericana. L’Alleanza atlantica per noi non è in discussione, e la stessa regola di un organo giurisdizionale di autotutela – di per sé non priva di qualche ragionevolezza – può essere anche ridiscussa in un clima non condizionato dall’emotività oggi diffusa. Ma in qualche modo una discussione sulla NATO si è aperta.
L’onorevole Bertinotti ha posto con un linguaggio datato – e non solo per questa ragione non condivisibile – la questione di una ridiscussione del contratto di alleanza delle democrazie occidentali sul piano della difesa e della sicurezza. Vorrei ricordare che questo Parlamento ha confermato, anche recentemente – il 23 giugno 1998 – la volontà di far parte della NATO e, anzi, di consentirne un allargamento. Ma tutti noi sappiamo che sono modificate le condizioni internazionali, che i sistemi di deterrenza, le strutture e le organizzazioni militari informati alla divisione tra blocchi hanno progressivamente perduto funzioni e modificato la propria struttura. Sappiamo che più frequentemente la minaccia alla sicurezza viene dai conflitti regionali. In questo scenario il nostro Paese ha visto, negli ultimi anni, crescere le aree di tensione contigue ai nostri confini e le esposizioni agli effetti di queste tensioni, particolarmente nei flussi migratori verso le coste italiane.
In questa nuova prospettiva, l’Alleanza atlantica non ha affatto perso la sua ragion d’essere ma, per molti aspetti, ha visto crescere, insieme alla sua rilevanza, le sue contraddizioni.
La questione più importante riguarda il rapporto e l’equilibrio tra i singoli paesi europei e gli Stati Uniti: l’alleanza è divenuta – e tende a divenire ancor più – un’alleanza tra diseguali, non tanto e non solo per il divario di risorse impegnate dai rispettivi bilanci, e neppure per la disponibilità politica a conservare lo spirito fondativo del contratto, quanto per il complesso di risorse umane e tecnologiche disponibili oltre oceano.
Dobbiamo ricercare questo equilibrio, e il nostro Governo deve assumere con fermezza e con coraggio una forte iniziativa in questa direzione. Tale equilibrio può essere trovato solo se cresce il processo di integrazione delle politiche e delle strutture per la sicurezza europea, non all’esterno della NATO, ma al suo interno, non per superarla quindi, ma per renderla più forte e più attuale. Così come la convergenza e l’unione monetaria non hanno interrotto la solidarietà e la convinta partecipazione dell’Italia alle organizzazioni economiche e monetarie dei paesi occidentali ed anzi, le hanno consentito – e le consentono – di partecipare con nuova e più autorevole responsabilità, dovremmo, con tutta la necessaria gradualità, procedere in materia di sicurezza e difesa.
Appare – credo non solo a noi – del tutto incomprensibile ed anacronistico che i ministri della difesa europei non abbiamo, a differenza di tutti i loro colleghi, un tavolo comune al quale incontrarsi: crediamo che questa sia, Signor Presidente del Consiglio, la strada per fare insieme una operazione di rigorosa difesa della dignità nazionale e di promozione efficace della sicurezza in Europa.