L’aggiramento totale da parte di Forza Italia del meccanismo dello “scorporo” si traduce in un numero di candidati insufficiente a coprire i seggi ottenuti. La polemica divampa tra il preteso rispetto del principio della sovranità popolare sancito dalla Costituzione ed il doveroso richiamo all’applicazione della normativa esistente.
Il Sole 24 Ore del, 2/12/2001
Il Presidente della Camera ci sollecita ad un supplemento di riflessione in ordine alla questione dei seggi vacanti nell’aula di Montecitorio.
È un saggio consiglio.
Eppure ci eravamo tanti adombrati per l’indecisionismo americano sull’elezione del presidente Bush. Ma se guardiamo alle faccende di casa nostra credo sia abbastanza indecente che sei mesi dopo le elezioni sia ancora aperta la discussione sulla proclamazione degli eletti. È una vacatio grave, in nessuna democrazia occidentale si verificano cose simili. E il Parlamento italiano, forse, in questi mesi ha sottostimato la portata del problema. Perché il Parlamento si ritrova zoppo, senza deputati che hanno diritto di legiferare.
Rispetto le diverse opinioni, ma continuo a sostenere che questa vicenda non può essere liquidata con la facile propaganda per cui “bisogna rispettare la volontà degli elettori”. Forse – ma il dubbio non è mio – bisogna rispettare anche le leggi. Vediamo perché.
È stata sollevata una forte obiezione al percorso “fisiologico” di attribuzione dei seggi vacanti attraverso il ricorso al dispositivo dell’articolo 11 del regolamento elettorale (un Dpr che porta la firma di Carlo Azeglio Ciampi).
Forza Italia sostiene che questa norma sia in contrasto con i principi della sovranità popolare e della democraticità del voto, sanciti dalla Costituzione.
Basterebbe obiettare che ogni sistema rappresentativo prevede specifiche formule elettorali, tali per cui anche in un sistema caratterizzato da una marcata impostazione proporzionalista non si riscontra una meccanica trasformazione dei voti in seggi.
Ma il sistema elettorale italiano è, come è noto, un sistema misto con una impostazione fortemente maggioritaria.
La ratio della parte proporzionale del sistema è sostanzialmente quella di attenuare l’impatto della parte maggioritaria. Per l’attribuzione dei 155 seggi relativi alla parte proporzionale sono stabilite regole molto precise, tali da correggere, anche profondamente, il rapporto di traduzione meccanica dei voti in seggi.
Due sono fondamentalmente i fattori di correzione.
In primo luogo la clausola di sbarramento del 4% dei voti validi. Nelle elezioni del 13 maggio scorso solo 5 liste hanno conseguito tale risultato. Per effetto di questo vincolo le altre liste – destinatarie di 8.324.500 di voti, non hanno conseguito seggi nella quota proporzionale.
È cosi accaduto che, per esempio, i voti dati ai comunisti di Cossutta abbiano concorso all’elezione di deputati di FI o di AN!
In secondo luogo, lo “scorporo” dalla cifra elettorale dei voti necessari per eleggere, nel collegio uninominale, i candidati vincitori collegati a ciascuna lista.
La connessione tra uninominale e proporzionale, è possibile soltanto in ragione del collegamento del candidato uninominale a una lista proporzionale, collegamento espresso attraverso una esplicita, formale dichiarazione.
In mancanza del collegamento, il candidato evita alla lista l’applicazione dello scorporo, con la conseguenza che, eliminando la connessione tra uninominale e proporzionale, il candidato stesso si preclude la possibilità di essere inserito nella graduatoria dei candidati collegati a quella lista.
Né appare sostenibile l’esistenza nella legge elettorale della nozione di “coalizione”, fondata sulla unicità del contrassegno dei candidati uninominali e sulla pretesa interpretazione della volontà degli elettori. Per diverse ragioni.
Perché non si può, da un lato, evitare il costo dello scorporo utilizzando la tecnica, pur formalmente legittima, della “lista civetta” e, dall’altro, invocare per l’assegnazione dei seggi un criterio di collegamento non previsto dalla legge; perché diversi milioni di italiani hanno votato nel maggioritario in modo diverso rispetto al proporzionale; perché contrasterebbe con un corretto principio di responsabilità sostenere a posteriori che la dichiarazione di collegamento deve essere intesa in modo diverso rispetto a quella formalmente effettuata.
Al di là di questa specifica circostanza, si introdurrebbe un pericoloso precedente che non è difficile valutare; perché se, ai fini dell’attribuzione dei seggi di quota proporzionale, si desse rilievo alla presenza dei simboli nei collegi uninominali, si configurerebbe automaticamente il collegamento evitato con le liste “civetta” e andrebbe di conseguenza calcolato lo scorporo dei voti di tutti gli eletti nei collegi uninominali sul totale dei voti validi di Forza Italia e Alleanza Nazionale.
Lo “scorporo” produce un consistente effetto modificativo nella traduzione dei voti in seggi.
Alle ultime politiche, Forza Italia ha aggirato totalmente lo scorporo, guadagnando in questo modo più seggi di quanti ne avrebbe ottenuto in osservanza della legge. Lo dimostrano i numeri: nel 1994 con più di 8 milioni di voti, Forza Italia ha ottenuto nel proporzionale 30 seggi; nel 1996 con un milione di voti in meno ha ottenuto 37 seggi: chi vince nel maggioritario prende meno seggi nel proporzionale, l’impatto maggioritario della legge viene così attenuato.
Nel 94 e 96 Forza Italia ha “pagato” allo scorporo un tributo di diversi milioni di voti.
Nel 2001 solo 300 mila. Anche Ds e La Margherita hanno aggirato lo scorporo, ma in misura assai più ridotta, e hanno “pagato” circa un milione e mezzo di voti. Ma Forza Italia ha commesso un errore: aggirando lo scorporo in modo pressoché totale, non ha previsto che il numero di candidati collegati a Forza Italia sarebbe stato insufficiente a coprire i seggi ottenuti (che sono molti, grazie al risultato elettorale e anche grazie all’aggiramento dello scorporo).
Ho voluto richiamare i fattori, a mio parere più significativi, di condizionamento nella trasformazione di voti in seggi per rendere comprensibile il contesto in cui vanno interpretati i principi della sovranità popolare e della democraticità del voto sanciti dalla Costituzione.
Una norma del 93 disciplina questo caso: è una norma in vigore attualmente anche per il Senato e per i consigli comunali e provinciali: in tutte queste leggi elettorali è previsto in sostanza che, se mancano candidati per coprire i seggi spettanti a quella lista, i seggi vengono ripartiti proporzionalmente tra le altre liste che hanno superato la soglia di sbarramento.
È assolutamente normale applicare le norme vigenti. Quando esse non siano condivise, occorre modificarle. Disattenderle è un abuso. Il ricorso ai numeri politici di maggioranza per disattendere le norme vigenti e individuare gli eletti secondo una norma non codificata a priori, ma costruita a posteriori, rappresenta un pericoloso precedente, e in qualche modo apre una questione che non può restare dentro i confini di un singolo organo parlamentare ma interroga in modo inequivocabile le più alte responsabilità della nostra Repubblica.
Per concludere. La Giunta delle elezioni è definita dal regolamento della Camera un “organo di garanzia” le cui decisioni sono “insindacabili”. Forse è arrivato il momento di discutere anche di questo: nel sistema bipolare e maggioritario, infatti, facilmente una decisione a maggioranza potrebbe diventare una decisone “di prepotenza”. Ha senso un organismo di garanzia che funzioni in questo modo?