La scommessa del turismo interno

 

L’associazione Aspes, presieduta da Antonello Soro, svolge dal 1991 un’intensa attività di promozione culturale e di ricerca economica, con una particolare attenzione alle dinamiche del turismo. L’introduzione alla pubblicazione di una ricerca sul turismo interno offre l’opportunità per delineare una più generale linea di politica economica.
Ricerca Aspes, 01/07/2003

 

Per il 2020 l’organizzazione mondiale del Turismo prevede che 1500 milioni di persone viaggeranno al di fuori del proprio Paese e che aumenteranno di otto volte tanto i viaggi interni. Si tratta di cifre che, raddoppiando quelle già particolarmente elevate degli ultimi tre anni, disegnano scenari, almeno in questo settore dell’economia mondiale, in rapido cambiamento.
Neppure il conflitto in Iraq e neppure l’emergenza legata alla SARS hanno indotto la WTO, l’Organizzazione mondiale del turismo, a modificare queste previsioni: la domanda mondiale di turismo è destinata a crescere e a diversificarsi sia nel medio che nel lungo periodo; cresceranno il numero di turisti interessati, il reddito destinato, la gamma dei prodotti richiesti, la ripetitività degli atti di consumo.
Gli eventi di quest’ultimo anno avranno come conseguenza una ridistribuzione dei flussi turistici con un incremento di quelli intracontinentali rispetto a quelli a lungo raggio.
Complessivamente nel 2003 le partenze dai 21 principali Paesi di origine dei flussi turistici cresceranno di circa l’1,3 per cento. L’area più dinamica sarà quella mediterranea assieme al nord Europa. Francia e Italia registreranno una crescita superiore al 2 per cento.
L’attrazione relativa di ogni Paese, calcolata come quota di mercato degli arrivi sulle partenze mondiali, conferma la leadership della Francia con l’11%. Segue la Spagna con l’8,2% mentre l’Italia si attesta nel 2002 al quarto posto, dietro gli USA, con una quota pari al 5,4%.
Il turismo è sempre stato indissolubilmente legato alle modificazioni di comportamenti sociali e della cultura prevalenti: lo è ancor più in questo inizio di 21° secolo.
Viaggiare è divenuta una necessità irrinunciabile in un epoca in cui tutto è “globale”. I consumi tendono a moltiplicarsi e differenziarsi; è fortemente sentita l’esigenza di una personalizzazione spinta del prodotto e del servizio, mentre la omologazione dei prodotti spinge verso la massificazione.
Nel turismo si differenziano le motivazioni dei consumatori, le modalità, la scansione temporale, le esigenze di ricettività. Localismi e specializzazione vs. globalizzazione e standardizzazione: questa è la specificità dei nostri giorni.
Anche nel turismo emerge in misura progressivamente crescente il ruolo delle “nicchie”, porzioni della domanda generale caratterizzate da comportamenti, gusti, attività, esigenze marcate e ben delineate.
Le agenzie informative legano sempre più intensamente mete turistiche con stili di vita, valori, gerarchie, interessi che moltiplicano gli stimoli ed estendono le occasioni.
Le ricerche più autorevoli segnalano cinque grandi tendenze della domanda turistica:
ridistribuzione delle quote di mercato a danno delle destinazioni europee e a favore del continente asiatico;
quote crescenti di reddito destinate dai consumatori alla componente turismo e benessere;
non più pochi acquisti, poche volte, per destinazioni conosciute, ma sempre più “tutto di una cosa e anche un po’ di tutto, più volte durante l’anno” per prodotti nuovi o almeno costantemente rinnovati;
segmentazioni sempre più articolate della domanda (per reddito, generazioni, livelli di istruzione, luogo di residenza, abitudini di consumo, ecc.);
destagionalizzazione tendenziale delle occasioni di consumo turistico.
Ma il turismo è fenomeno estremamente complesso, risultante di dinamiche sociali, culturali ed economiche.
Molteplici sono le filiere produttive interessate e non sempre definibili a priori: esse attivano e coinvolgono settori e soggetti spesso non riconducibili in modo diretto al turismo, configurando quindi una dimensione trasversale rispetto a una pluralità di ambiti.
L’economia allargata dei viaggi e del Turismo incide sul PIL italiano per il 12,1% e genera occupazione per 2.247.000 addetti. Il dato è significativo se si pensa che le industrie manufatturiere tutte insieme contribuiscono al PIL per il 19,5%.
I numeri esposti sono sicuramente incoraggianti ma deve essere bandita ogni sorta di trionfalismo superficiale che pretenda di considerare il turismo come la nuova panacea. Al contrario le sfide che attendono gli operatori del settore sono impegnative, a cominciare dall’esigenza di trovare strumenti adeguati per contrastare una concorrenza internazionale sempre più attiva.
È presumibile infatti che l’offerta proveniente dal continente asiatico, sostenuta da consistenti politiche pubbliche avviate di recente da alcuni Paesi in via di sviluppo e da ridotti costi di gestione, modificherà la tradizionale divisione del lavoro nel mercato internazionale.
Se l’Italia resterà tra i primi Paesi al mondo per arrivi e ricavi turistici dipenderà dalla volontà dei governi, dagli orientamenti del complesso sistema delle imprese: soprattutto dipenderà dalla generale consapevolezza che le risorse culturali e naturali rappresentano un formidabile valore aggiunto dell’offerta di qualunque prodotto economico e ovviamente di quello turistico in modo particolare.
Ma si impone all’analisi anche un’altra osservazione. La risorsa qualità ambientale rappresenta un fattore decisivo di localizzazione nella scelta delle destinazioni turistiche.
I Paesi che riescono a coniugare il turismo con le attrazioni culturali, ambientali e naturalistiche presenti sul territorio, dispongono di un evidente vantaggio competitivo rispetto agli altri.
L’Italia è il primo Paese al mondo per l’entità del patrimonio monumentale, archeologico, culturale e ambientale: ma non serve a niente avere tali risorse se non si riesce, poi, a renderle fruibili alla grande massa dei visitatori. Compito delle istituzioni, dallo Stato ai Comuni, è di proteggere, conservare e rendere allo stesso tempo disponibile questo straordinario patrimonio.
Diverse ricerche indicano che il “turismo culturale” (che attualmente muove un giro d’affari superiore ai 20 miliardi di euro, pari al 25,5% del fatturato complessivo dell’industria turistica nazionale) crescerà considerevolmente nei prossimi anni.
Da uno studio del Touring Club Italiano risulta addirittura che la “cultura”, con i suoi indotti, diventerà tra 10 anni il più grande “sistema economico” mondiale. Va inoltre considerato che i turisti che si muovono in questa filiera spendono pro capite circa il doppio rispetto agli altri.
I beni culturali vanno valorizzati all’interno dei sistemi turistici locali, prevedendo, se necessario, opportune forme di affidamento in gestione a privati. Esternalizzare attività e servizi connessi al patrimonio culturale, ambientale, archeologico, museale, può infatti risultare necessario per rendere effettivamente fruibili beni che non hanno eguali nel mondo.
Occorre pertanto riformare il sistema vincolistico attuale nell’ottica di uno sviluppo economico sostenibile dei beni culturali come beni produttivi.
L’interesse dei soggetti privati per il settore è in crescita: una recente ricerca rileva che l’86% degli imprenditori italiani ritiene importante investire in cultura e ben il 58% ha già sperimentato forme di investimento, ottenendo ottimi risultati. Pur nel rispetto delle prerogative pubbliche, l’apporto dei privati può essere importante per addivenire a forme di gestione innovative.
L’avvio di progetti integrati di turismo culturale può svolgere un ruolo importante per sostenere la crescita economica ed occupazionale di tante aree del nostro Paese, che pur essendo al di fuori dei circuiti artistici più noti, hanno tuttavia risorse considerevoli.
Può essere decisivo per la Sardegna e in particolar modo per le aree interne.
Per far ciò, occorre in primo luogo cambiare la mentalità con cui, ancora oggi, molti operatori (pubblici e privati) si avvicinano al turismo: l’improvvisazione deve lasciare spazio a interventi programmati, concordati per tempo tra i diversi soggetti coinvolti, finalizzati alla predisposizione di un’offerta che parta dal territorio e che punti alla sua valorizzazione.
La programmazione, per essere pienamente efficace, deve a sua volta soddisfare due condizioni essenziali:
gli interventi necessitano della maggiore coralità possibile: enti locali (Province, Comuni, Comunità montane), università, Camere di commercio e artigianato, associazioni industriali, GAL, banche, imprese italiane e straniere;
il territorio oggetto della programmazione deve presentare caratteristiche omogenee e una estensione geografica misurata così da non disperdere le risorse (umane e finanziarie) a disposizione.
Le caratteristiche in oggetto appaiono, d’altra parte, in linea con la definizione che l’art. 5 della legge quadro sul turismo (L. n. 135/2001) dà dei sistemi turistici locali, ossia contesti turistici omogenei contraddistinti da un’offerta integrata di beni culturali, ambientali ed attrazioni turistiche.
Ma la nuova competenza esclusiva in materia di turismo in capo alle Regioni offre grandi opportunità di iniziativa e di innovazione per adeguare l’ordinamento alle specifiche necessità regionali e, insieme, di trasferire competenze e risorse ai soggetti subregionali più direttamente impegnati nella organizzazione dell’offerta.
Programmazione e territorio devono pertanto costituire un binomio inscindibile. Non ci può essere valorizzazione del territorio in assenza di un’adeguata programmazione, né può dare risultati una programmazione standardizzata che prescinda da una preliminare indagine in merito alle risorse naturali, culturali, ambientali dei luoghi ove verranno realizzati gli interventi.
Tuttavia, per mettere a disposizione del turista un’offerta completa e integrata (pernottamento, ristorazione, servizi culturali, visite guidate, accesso ai siti archeologici e ai parchi naturali, opportunità sportive – cavallo, trekking, bike, centri benessere, ecc.), occorre rimuovere una serie di ostacoli che, ad oggi, impediscono una completa fruizione del territorio.
Occorre in particolare:
sviluppare infrastrutture, ossia viabilità, portualità, strutture d’accoglienza, reti di telecomunicazione;
coordinare l’offerta turistica con quella dei trasporti, in termini di servizi e di costi;
garantire la sicurezza nei territori, tutelare e assistere il turista a livello locale (punti informativi dislocati sul territorio e conoscenza delle lingue da parte dei soggetti destinati ad avere contatti con il turista);
recuperare il patrimonio edilizio esistente;
migliorare l’arredo urbano.
Il raggiungimento di tali obiettivi richiede l’intervento congiunto, nell’ambito delle rispettive competenze, degli operatori pubblici e di quelli privati. È evidente peraltro che per invogliare i privati a investire nel turismo più di quanto fatto sinora, non si può prescindere da un preventivo adeguamento degli strumenti pubblici di incentivazione.
In particolare, appare opportuno in tal senso:
creare nuovi strumenti finanziari specifici per il settore turistico (finanza di progetto, fondi chiusi specializzati, ecc.), anziché continuare ad adattare al turismo strumenti ideati per diversi contesti produttivi (vedi l’esempio della Legge 488, che pure ha prodotto utili risultati);
finanziare gli investimenti in beni immateriali, puntando in particolare sulla formazione degli addetti sul campo, informazione e comunicazione, commercializzazione e marketing ;
imporre standard di qualità alle strutture ricettive e favorire il ricorso alla certificazione di qualità;
semplificare le procedure amministrative (ridurre il numero di autorizzazioni necessarie ed abbreviare i tempi per il loro rilascio, semplificare la fase di erogazione delle agevolazioni), così da assicurare all’imprenditore la certezza dei tempi.
Questi interventi, sia pur qui sinteticamente descritti, dovrebbero consentire di arrivare finalmente a un’offerta turistica integrata, completa, capace di soddisfare le esigenze di un turista sempre più attento nella scelta del luogo di vacanza.
L’offerta integrata, una volta creata, va portata a conoscenza del turista: la funzione promozionale all’estero, fondamentale per attrarre i flussi turistici, non è stata sinora all’altezza.
Bisognerebbe pertanto rafforzare la visibilità del sistema turistico italiano all’estero, potenziando l’ENIT con uomini e mezzi adeguati, trasformandolo in espressione delle Regioni, punto di sintesi e coordinamento tra indirizzi diversi e al tempo capace di portare avanti la marca nazionale.
La Sardegna possiede una notevole quantità di risorse culturali e naturalistiche, ma ciò non si traduce ad oggi in un’offerta compiuta.
Il percorso di sviluppo turistico seguito finora in Sardegna è rimasto troppo legato allo sfruttamento delle risorse costiere. Finora il turismo, con le dovute eccezioni, è stato concepito come attività edilizia, sfruttamento talora esasperato del territorio, non certo come sistema economico al quale devono concorrere diversi settori e fattori.
Basti pensare che nelle coste è concentrata la quasi totalità dell’offerta ricettiva alberghiera con il 96% dei posti letto e che il suo tasso di occupazione è molto modesto. Ed è la Banca d’Italia a definire “modesto” l’apporto che il turismo dà al Pil dell’Isola .
I pernottamenti in Sardegna sono fortemente circoscritti nel periodo giugno – settembre (88% delle presenze annuali nel 2001). La distribuzione del consumo turistico, strettamente legata all’offerta “sole e mare” nel periodo estivo, influenza pesantemente la capacità del settore di produrre reddito e occupazione costanti nel tempo.
L’esperienza turistica nelle coste (e specialmente quella maturata nella parte nord orientale dell’Isola) ha fatto scoprire la Sardegna a milioni di persone in ogni angolo del pianeta.
E tuttavia appare evidente che i margini di crescita del turismo balneare non sono infiniti e che l’incremento di costruzioni e di antropizzazione rischiano di essere in proporzione inversa alla conservazione del profilo qualitativo dell’offerta.
Si aggiunga che un incredibile ritardo verificatosi negli ultimi anni nella predisposizione degli strumenti urbanistici ha favorito ulteriormente il carattere di spontaneismo, frammentazione ed improvvisazione dello sviluppo edilizio nelle fasce costiere, alterando in modo significativo il livello di pregio paesaggistico delle stesse e compromettendo in molti casi il valore dell’offerta turistica balneare.
Appare allora indispensabile una forte iniziativa da parte della Regione per invertire questa tendenza e assumere decisamente il governo del territorio. Ancora oggi si sta costruendo a meno di cento metri dal mare in zone dove l’utilizzo dei posti letto alberghieri è inferiore al 12 per cento. Ciò significa occupare, devastare il territorio senza ottenere un adeguato vantaggio economico.
L’obiettivo ineludibile verso il quale dobbiamo orientare le politiche pubbliche e le iniziative di impresa è quello di una progressiva trasformazione del modello turistico sardo: destagionalizzare, accrescere gli standard qualitativi, inserire le aree interne in progetti compiuti, coerenti e capaci di superare, per le dimensioni organizzate, la soglia critica di accesso ai mercati.
Per rendere il turismo un settore trainante dell’economia isolana occorre superare la forte concentrazione stagionale dell’offerta, immettendo sul mercato nuove destinazioni dotate di capacità attrattiva anche nei cosiddetti periodi morti dell’anno.
La Sardegna ha tutte le possibilità per avviare un tale processo: esistono nelle aree interne della regione un complesso di risorse potenzialmente idonee a soddisfare le esigenze culturali, naturalistiche, ambientali del turista durante tutto l’anno.
Si tratta di orientare i flussi turistici alla scoperta della Sardegna interna, delle tante nicchie spesso esterne ai circuiti tradizionali, per valorizzare realtà di tipo rurale e con esse le produzioni di qualità agroalimentari e artigianali. Il mare più bello del Mediterraneo circonda un’Isola ricca di tesori tanto sconosciuti quanto preziosi.
Qui è possibile ritrovare le tracce di una civiltà millenaria, i segni di una storia ricca e complessa, i colori di una natura generalmente incontaminata, i suoni di una lingua e di una cultura peculiari, le tradizioni dei pastori e dei contadini celebrate nel lavoro quotidiano non meno che nelle feste campestri.
Qui è possibile esplorare i segreti del Gennargentu, le sue formazioni granitiche con le cascate di pietra che vengono giù da Punta Lamarmora, le vedute mozzafiato sul mare lontano dell’Ogliastra, i fenomeni carsici, con le grotte Su Marmuri a Ulassai e De su Ventu a Oliena, le gole profonde, l’altopiano di Pratobello, il mare di Peonie nel supramonte di Orgosolo.
E poi i tacchi dolomitici, la finestra sul cielo di Punta Liana, la dolina di Su Suercone, i villaggi nuragici, le tombe dei giganti, le domus de Janas, i maestosi Menhir ma anche i castelli di Eleonora da Burgos al Montiferru. E ancora la Giara di Gesturi, il lago di Gusana con i suoi incredibili riflessi d’argento. E foreste con essenze endemiche dell’Isola, ricche di una vegetazione spesso unica. Non si dimentichi la straordinaria calamita che può esercitare anche il patrimonio minerario dismesso.
Un Continente vero e proprio per la varietà e la bellezza dei suoi ambienti ma anche per la ricchezza di esperienze che è possibile incrociare.
Ogni paese della Sardegna interna possiede caratteri originali che non è difficile riconoscere nei suoi antichi costumi, nelle note dei suoi canti, nelle feste campestri, nelle maschere del carnevale, nelle leggende popolari conosciute anche dai bambini; ma anche nei prodotti dell’artigianato, nei sapori della cucina, talvolta nei materiali costruttivi delle vecchie case.
Qui vive il popolo più longevo del mondo: il numero dei suoi centenari è incredibilmente altissimo tanto da essere oggetto di studi sul DNA da parte di organizzazioni scientifiche internazionali.
Questo enorme patrimonio di risorse non è fruibile abitualmente dai turisti. Esiste una straordinaria divaricazione tra l’ampiezza delle risorse e la fragilità delle infrastrutture di accoglienza. Esistono le risorse, non ancora il prodotto turistico.
Occorre un progetto capace di predisporre un prodotto omogeneo e ben strutturato.
Le esperienze anche di altri Paesi dimostrano che il turismo nelle aree interne (ad es. turismo rurale in Spagna e Portogallo, enogastronomico in Francia) risente della stagionalità molto meno di quello marino – balneare.
Ciò è facilmente spiegabile se si considera che le esigenze del turista con le motivazioni di fuga dall’ambiente quotidiano, ricerca di tranquillità in un ambiente lontano dalla massificazione urbana, qualità del rapporto umano e del contesto ambientale, prestazione di servizi personalizzati ed “autentici”, ecc., possono essere soddisfatte in qualsiasi periodo dell’anno.
Si consideri, poi, che la creazione di mete turistiche nelle aree interne della regione avrebbe un’ulteriore positiva conseguenza: frenare lo spopolamento di tali aree. Lo spopolamento ed il conseguente invecchiamento dei piccoli comuni rappresentano la prima causa della crisi economica e sociale della Sardegna e, in particolare, delle zone interne dell’isola.
Il progressivo trasferimento dei residenti nei comuni costieri e nelle città capoluogo ha sostanzialmente modificato il profilo economico e culturale della Sardegna.
Un nuovo modello di sviluppo turistico destinato alle aree interne, integrato con il comparto agroalimentare e le produzioni artigiane, può arrestare tale flusso migratorio offrendo alla popolazione locale quelle opportunità lavorative che, attualmente, i giovani sono costretti a cercare altrove.
E in più si consideri che nell’esperienza del turismo balneare il benessere economico generalmente acquisito dai sardi emigrati verso le coste si è tradotto in un rapporto frequentemente subalterno agli stili di vita e ai modelli culturali esterni.
Abbiamo ricevuto denaro e abbiamo perso un pezzo della nostra identità: quest’ultima molto spesso declinata come folclore.
Il modello di turismo nelle aree interne dovrebbe ribaltare questo schema: sarebbe il nostro patrimonio identitario ad avere in sé un carattere di pregio ambìto, attraente in quanto genuino e vero. Sviluppo, autonomia ed identità viaggerebbero di nuovo in sintonia come avveniva in una fase oramai lontana della storia sarda.
Questo volume contiene una ricerca Aspes che va al di là del puntuale censimento delle risorse e della domanda turistica. Sotteso a questo lavoro sta il desiderio di sollecitare un progetto vero e proprio di investimenti pubblici e privati, nelle forme che l’ordinamento potrà consentire, con l’obbiettivo di far decollare l’economia turistica delle aree interne della Sardegna.
È evidente che un simile obbiettivo è conseguibile solo se viene assunto come obbiettivo generale della Regione e quindi strettamente integrato con tutte le politiche di settore e se matura un forte sistema di alleanze tra tutti i settori produttivi connessi al marchio territoriale.
L’idea è quella di realizzare un progetto pilota che possa servire da traino per lo sviluppo del turismo nelle aree interne, sulla base delle seguenti linee d’azione:
creazione di un’offerta integrata e collettiva a livello territoriale coinvolgendo gli operatori interessati
investimenti materiali (strutture alberghiere ed extra, infrastrutture di trasporto, ambientali e per telecomunicazioni, ecc.) e immateriali (formazione degli operatori, comunicazione e marketing)
creazione di appositi itinerari
personalizzazione dell’offerta in accordo con le tradizioni e l’identità del territorio
organizzazione di eventi (Festival del costume, rappresentazioni musicali, spettacoli teatrali di qualità, di carattere tradizionale ma anche con respiro nazionale e internazionale, ecc.) finalizzati alla valorizzazione dei luoghi
allestimento di mostre tematiche su prodotti tipici, con la partecipazione di maestri artigiani ed esponenti degli “antichi mestieri”
La realizzazione di un tale progetto pilota necessita, in primo luogo, dell’intervento di uno o più soggetti privati disposti ad investire sul territorio. Deve trattarsi di operatori con comprovata esperienza nel settore che diano adeguate garanzie economiche e di tempestiva realizzazione dei lavori.
L’introduzione di elevati standard di qualità è funzionale all’attrazione di investitori internazionali, così da superare una delle principali criticità dell’offerta turistica nelle aree interne: la eccessiva frammentazione dell’offerta di ospitalità.
Non è tuttavia ipotizzabile che il soggetto privato possa fare tutto da solo. La copertura finanziaria del progetto pilota dovrà essere assicurata attraverso il concorso di diverse fonti di finanziamento.
A tal fine appare auspicabile l’introduzione di strumenti finanziari innovativi (ad es. fondi chiusi specializzati), che siano tarati sulle esigenze del settore turistico e non ereditati da differenti comparti produttivi.
Un turismo così concepito si basa soprattutto sulla conoscenza: occorre quindi che gli addetti al settore sappiano, siano consapevoli della ricchezza che si ritrovano tra le mani. Occorre cioè investire in formazione, uscendo dalla improvvisazione imprenditoriale per diventare professionisti dell’accoglienza. Occorre che il sistema Sardegna si muova attorno al turismo: un turismo, va ripetuto, che rispetti l’ambiente, che lo salvaguardi da nuove aggressioni edilizie, che metta cultura e qualità ambientale al centro della sua attività.
Questa prospettiva è apparentemente condivisa da un largo schieramento di forze tanto nel mondo politico quanto all’interno del sistema imprenditoriale sardo.
E tuttavia nessuno ignora quanto, dietro questa apparenza, possano celarsi resistenze, inerzie, individualismi e diffidenze capaci di pregiudicare il risultato. E sappiamo quanto possa essere difficile saldare in un legame di comune progetto istituzioni a diverso titolo indispensabili.
Ma sappiamo che esistono oggi opportunità non facilmente ripetibili, che esistono spazi nuovi per scelte che dispieghino tutta la creatività e il coraggio profetico di cui i sardi sono capaci.
La nostra ricerca è un modesto contributo per vincere la scommessa.

PRIVACY POLICY