La Maddalena, basi, scorie e servitù

 

Il governo riferisce dinanzi all’Assemblea della Camera sulla portata dell’intervento di ristrutturazione ed ampliamento della base de La Maddalena. Le risposte non convincono, permangono inalterate le perplessità in ordine alla tutela di un sito di straordinario pregio ambientale. La fiducia dei sardi nei confronti delle istituzioni statali è messa nuovamente a dura prova.
Camera dei Deputati del 26/02/2004

È stata sprecata una importante occasione per rispondere, in Parlamento, agli interrogativi, né futili, né strumentali che ruotano intorno alla base della Maddalena.
Una questione di interesse generale per l’Italia è stata affrontata come una modesta lamentazione localistica. Il Governo ha scelto un profilo minimalista ed elusivo, banalizzando le questioni poste.
In realtà il problema centrale riguarda la natura ed il fondamento convenzionale delle attività della marina degli Stati Uniti nell’arcipelago. E cioè se la natura sia ancora quella definita nel 1972, quando fu concesso in uso un supporto logistico alla U.S. Navy. Quell’accordo concede un diritto di approdo, di attracco, di stazionamento, sicuramente non assimilabile al diritto di edificazione a terra di strutture edilizie per 52 mila metri cubi.
Sembrerebbe pertinente il sospetto che le strutture edilizie esistenti attualmente, quelle definite dal sottosegretario Cicu come una baraccopoli malsana, costituiscano anch’esse un abuso rispetto al contratto del 1972.
Il Governo non ha dato risposte compiute: ha preferito affrontare il dibattito parlamentare con gli stessi toni e gli stessi argomenti che potrebbero agevolmente essere usati in un qualsiasi consiglio comunale.
Il sottosegretario delegato ha detto due cose: quello programmato dalla Marina militare degli Stati Uniti è un semplice intervento di buon impatto ambientale perché è certificato dalla sovrintendenza ai beni architettonici (che, notoriamente, in Sardegna non ha mai consentito costruzioni di brutto impatto ambientale!); è un intervento utile perché l’edilizia crea occupazione ed indotto nell’economia locale. Sono argomenti che abbiamo già sentito altre volte in molti consigli comunali dei paesi costieri.
Il problema vero è quale sia la reale destinazione di un progetto di 52 mila metri cubi. Il progetto insiste sulla stessa area o impegna eguale superficie in aree diverse dall’arcipelago, cioè anche nelle aree di elevato pregio ambientale di Vena Longa e Vigna Grande? Perché la commissione paritetica ha espresso parere contrario rispetto a tale progetto? Che relazione esiste tra il nuovo insediamento e la funzione della Base nelle strategie del Pentagono? È in corso una modifica di tale funzione, così come definita nel 1972, nel senso evocato ieri dal ministro Martino di una ridislocazione delle forze americane in Italia? Tali ipotesi si appoggia su una nuovo accordo intervenuto tra il Governo Italiano e quello degli Stati Uniti?
Credo che il Parlamento dovrebbe sapere se le cose stanno così, che i sardi dovrebbero sapere se esiste una nuovo contratto intergovernativo che limita la sovranità italiana nel proprio territorio.
In secondo luogo, vi è il problema della sicurezza per l’ambiente e per le persone. Avremmo apprezzato se il Governo avesse dato una risposta alle seguenti domande. Esistono nelle acque dell’arcipelago concentrazioni di sostanze radioattive 400 volte superiori alla norma? Esiste una relazione tra la contaminazione radioattiva delle alghe nell’arcipelago e l’incidente al sottomarino dotato di energia nucleare riferito dalla stampa degli Stati Uniti? Oppure la presenza di sostanze radioattive in misura così elevata precede tale incidente? Se così fosse, quale n’è la causa?. Quali sono, concretamente, gli strumenti di cui il Governo italiano si servirà per il monitoraggio dell’inquinamento radioattivo nell’arcipelago, al di là delle scorciatoie di una delega agli enti locali, che in sé non significa niente?
A tali domande un Governo serio risponde con dati, cifre ed affermazioni verificabili: il Governo ha risposto offrendo la personale assicurazione dell’on. Cicu. Una garanzia, senza offesa, inadeguata. Tutto questo accade in un’area individuata dal nostro Parlamento come sito di straordinario pregio ambientale, destinata dalle nostre leggi ad un regime speciale di tutela e sottoposta a vincoli e controlli superiori a quelli normali.
Può un’area come questa essere sottratta al suo naturale destino e assoggettata a decisioni considerate dal ministro della difesa come indifferibili ed urgenti, al di sopra e al di fuori di un trasparente confronto con la comunità regionale e nazionale, nel nome dell’interesse militare, per sua natura sottoposto (lo ha ricordato ieri il ministro) ad un elevato grado di segretezza?
Ci chiediamo se esista, in questo orizzonte, un riguardo, un’attenzione ed un rispetto per la comunità degli uomini e delle donne della Sardegna, una parte di Italia che, attraverso uno statuto speciale di autonomia, partecipa alla vita della Repubblica, che attraverso quello statuto difende il suo diritto di cittadinanza e che, attraverso quell’autonomia, vorrebbe disegnare il carattere del suo sviluppo futuro. Che non coincide con quello immaginato dal ministro della difesa Antonio Martino.
La maggioranza di centro destra ha voluto interpretare i nostri dubbi e le nostre ragioni come il segno di un viscerale sentimento antiamericano.
Vorrei dire, sommessamente, che non è in gioco – non lo è mai stata – la nostra amicizia con gli Stati Uniti, ma l’amicizia è una dimensione informata alla reciprocità, al rispetto e alla tutela, reciprocamente vissuti in regime di parità.
Nel momento in cui vengono meno queste condizioni, non esiste amicizia, ma subordinazione imbelle e dannosa per gli interessi del nostro paese.

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