Orvieto, 07/10/2006
Esiste una diffusa consapevolezza che di fronte ai profondi mutamenti che hanno segnato il passaggio del nuovo secolo, gli strumenti tradizionali del riformismo risultano in gran parte inefficaci e le culture politiche che hanno segnato la storia del novecento sono chiamate ad un profondo rinnovamento. Serve un nuovo riformismo capace di costruire un ordine mondiale multilaterale e democratico, di misurarsi con sfide nuove. A partire dal contrasto tra la dimensione statale della politica e quella sempre più globale dei mercati, dal rapporto tra libertà e limiti della ricerca scientifica, tra libertà e limiti dell’informazione, tra sicurezza e diritto alla privacy, tra immigrazione e tolleranza religiosa. Dalle dinamiche demografiche alle minacce inarrestabili per l’ambiente, alle disuguaglianze drammatiche che segnano la nostra modernità.
Questa innovazione è particolarmente necessaria in Italia. Il tradizionale compromesso sociale e politico su cui si è basata l’esperienza storica della democrazia italiana e che ha retto l’Italia fino agli anni novanta non è infatti riproponibile, e il paese ha bisogno di un profondo processo di modernizzazione e di riforma che lo metta in grado di affrontare le sfide della globalizzazione e di evitare il rischio di un declassamento nella divisione internazionale del lavoro. Questa necessità richiede una nuova guida politica: il Partito democratico, che deve quindi configurarsi non come un nuovo partito ma come un partito nuovo, deve essere cioè il primo grande partito del XXI secolo.
Il progetto del Partito democratico nasce dall’Ulivo, che in questi anni ha favorito una crescente condivisione non solo di programmi ma anche di valori di riferimento e di una concezione dello stato che si richiama ai grandi principi della Costituzione. Oggi occorre registrare che tra gli elettori dell’Ulivo molte delle tradizionali divisioni del passato sono largamente superate: il lavoro che ci attende deve puntare a costruire il nuovo partito sulla base di questa unità.
La prima parola chiave del nuovo partito è “libertà”. Il nuovo partito si richiama infatti ai grandi principi di libertà, giustizia e solidarietà, che nel loro inscindibile intreccio connotano la democrazia come uno sforzo per la promozione della piena libertà umana, dei diritti civili e di cittadinanza, Libertà declinata al futuro in un solido patto fra le generazioni.
La seconda parola chiave è “Europa”. L’unità politica dell’Europa è infatti la condizione per realizzare una nuova governance mondiale democratica e per rilanciare lo sviluppo del paese. Il Partito democratico intende perciò lavorare per sostenere il processo di integrazione e per contribuire alla formazione di un nuovo grande campo delle forze democratiche e progressiste che trascenda i confini delle famiglie politiche attuali. In questa prospettiva potremo contare sulla straordinaria risorsa di uomini e donne italiani che vivono all’estero e che il voto recente ci ha fatto ritrovare nella comune ispirazione.
La terza parola chiave è “modernizzazione”. Mettere al passo gli ideali di libertà, giustizia e solidarietà, solidarietà, comuni sia al riformismo socialista che a quello cattolico -democratico, con la realtà delle nuove società europee, in cui Stato e azione collettiva sono strumenti la cui efficacia è stata fortemente erosa dalla nuova divisione internazionale del lavoro e dalla globalizzazione, significa puntare sempre di più sulla “liberazione” del potenziale di intrapresa e di creatività degli individui e del potenziale di responsabilità e di aspirazione alla realizzazione del progetto di vita delle persone. Il primo motore della crescita di una società è infatti la “competizione” delle idee e delle iniziative: questo richiede scelte di forte innovazione e di grande creatività in campi decisivi dell’azione di governo, dalla fiscalità all’organizzazione dei servizi pubblici, dall’apertura liberalizzatrice di mercati protetti allo spostamento di risorse dalla rendita alla crescita. In tutti i settori della vita nazionale è essenziale elaborare una nuova idea dell’intervento dello stato, diversa e nuova sia rispetto alla concezione utilitaristica della società che caratterizza la nuova destra sia rispetto alla tradizione statalista che caratterizza la vecchia sinistra.
Uno stato regolatore, che punti ad una modernizzazione competitiva dei sistemi produttivi fondata da un lato sulla libera concorrenza nei mercati e dall’altro sull’innovazione, sulla conoscenza, sullo sviluppo sostenibile e sulla qualità del lavoro. L’obiettivo è quello di favorire, con strumenti nuovi, una vera e propria riforma del capitalismo italiano, sia incentivando la crescita dimensionale delle imprese e il loro spostamento sul terreno dell’economia dell’informazione, sia valorizzando il tessuto vitale delle piccole e medie imprese e la ricchezza delle culture dei nostri territori, i talenti e le eccellenze che rendono unico il nostro paese.
Allargare gli spazi di libertà nell’attività economica, in quella sociale, in quella politica, è anche una condizione necessaria per perseguire con efficacia la giustizia e la coesione sociale attraverso un profondo rilancio e rinnovamento dei sistemi di welfare e una riforma del mercato del lavoro in grado di coniugare flessibilità, sicurezza, formazione permanente. Per questo bisogna inserire nel nostro linguaggio parole nuove come merito, rischio, crescita, responsabilità, doveri, e al tempo stesso salvaguardare funzioni pubbliche fondamentali in settori come la scuola e la difesa della salute. Una forte innovazione è richiesta anche dalla sfida per la modernizzazione del Mezzogiorno, che sempre più deve essere concepito come una grande macroregione che ha bisogno di più mercato, sicurezza e regole certe, e di un impegno politico ed economico straordinario per farne la piattaforma logistica e commerciale dell’Europa nel Mediterraneo.
La quarta parola chiave è “sussidiarietà”. Sussidiarietà verticale, che punti al rafforzamento del sistema delle autonomie in una cornice di responsabilità sulla base del principio del federalismo fiscale, e sussidiarietà orizzontale, che punti a valorizzare la società civile e i suoi corpi intermedi intorno ai valori della democrazia, del dialogo, della partecipazione, dell’inclusione e della solidarietà.
Intorno a questi valori e principi, il Partito democratico contribuisce al compiuto dispiegarsi di un sistema politico fondato sull’alternanza, accompagnando e incoraggiando la transizione della democrazia italiana dalla fase di esclusiva rappresentanza verso una fase nuova in cui si possa vincere la sfida di governo della complessità sociale. Il Partito democratico non è un partito identitario ma si caratterizza per il profilo progettuale, informato al carattere del pluralismo, dell’autonomia e del rispetto delle diversità.
E’ un partito popolare, in sintonia con le correnti del riformismo mondiale, capace di parlare alla generalità dei cittadini e di favorire la partecipazione. E’ un partito che promuove la libertà femminile e lavora per rafforzare il ruolo delle donne nella società e nella politica.
Il Partito democratico si fonda sull’incontro, in un regime di pari dignità, tra le migliori culture politiche che hanno animato la storia del riformismo italiano nel XX secolo. Il suo profilo politico non potrà basarsi su un affrettato tentativo di annullare la specificità e l’autonomia ditali tradizioni, ma non potrà nemmeno scaturire dalla loro somma e neppure dalla loro semplice sintesi. Tali tradizioni sono chiamate non solo a rinnovarsi e a dialogare tra loro, ma anche a prendere atto dei loro limiti e insufficienze, e della necessità di un’innovazione comune rivolta al futuro e capace di coinvolgere soggetti, saperi e sensibilità nuovi. E tuttavia nella fase insieme difficile ed esaltante che ci attende dovremo sfuggire la tentazione, penso alle nostre culture come un dato assoluto, che altrimenti rischieremmo di trasformare in un recinto invalicabile. Le culture sono il sovrapporsi ed intrecciarsi di esperienze, idee, sogni, convenzioni, scienze che attraversano la storia: non linee rette che segnano confini, frontiere invalicabili. Ogni identità, la nostra identità è fatta di memorie e di rimozioni ma diventa soggetto riconoscibile e vitale solo quando si manifesta nel divenire della storia, quando ha la forza e la disponibilità di mettersi in discussione. Questa deve essere la nostra scommessa e la nostra intenzione.