Roma, 29/10/2008
Si è detto e scritto molto sulla manifestazione del 25 ottobre, sulle presenze e sulle assenze, sui numeri, sul significato in generale. Ma c’è un elemento che va colto ed è che la manifestazione del 25 ottobre non è stato un avvenimento politico come tanti, è stato un vero e proprio fatto culturale, di quella specie che determina cambiamenti profondi nella vita di un Paese.
Spesso le manifestazioni sono settoriali, vengono organizzate su determinati temi, ad es. contro la finanziaria, contro la tale riforma, contro la talaltra. La nostra non è stata una manifestazione contro qualcuno o qualcosa. E’ stata una manifestazione innanzitutto per l’Italia. Per il bene presente e futuro dell’Italia. Una manifestazione per unire e non per dividere. Una manifestazione in cui si parlava ai nostri militanti ma anche a chi in quella piazza non c’era.
Dire infatti, come è stato detto, che “l’Italia è migliore della destra che la vuole rappresentare” non significa né disconoscere la legittimazione elettorale che ha premiato l’attuale maggioranza né indulgere, in modo autoreferenziale, sulla propria presunta diversità. La manifestazione del 25 ottobre non ha sancito un principio di diversità del popolo del PD rispetto agli altri cittadini ma ha sancito un principio di responsabilità.
Abbiamo dimostrato che si può riempire la più grande piazza politica italiana non eccitando l’emotività contro l’avversario politico ma richiamando la comunità nazionale ai compiti e alle sfide che sono di fronte e dicendo con molta semplicità: noi ci siamo, noi abbiamo risorse intellettuali e morali, noi abbiamo risorse di classe dirigente, noi abbiamo risorse di consenso che sono pronte a dare il proprio contributo per sostenere lo sforzo di questo paese in un momento di assoluta gravità. Se poi questo governo e questa maggioranza cederanno di schianto alle sirene dell’autosufficienza, questa è una responsabilità che non ci possiamo prendere noi.
Abbiamo portato a manifestare una piazza tranquilla perché responsabile; una piazza indignata, anche arrabbiata per come stanno andando le cose, ma non rabbiosa; una piazza consapevole che non cerca illusioni, non insegue chimere, non pretende scalpi.
La nostra piazza tranquilla – i facinorosi sono rimasti a casa – è l’espressione più degna di quella grande “forza tranquilla” che vuole essere il Partito Democratico.
C’erano tutte le età, a migliaia i giovani che chiudevano il corteo, c’erano famiglie con bambini, per loro uno spazio attrezzato in fondo al Circo massimo, c’era insomma non solo tanta gente ma tutta la complessa ricchezza della società italiana nella sua pluralità di interessi, di bisogni, di speranze.
Se il governo e la maggioranza lo sapranno riconoscere questo sarà un bene per l’Italia. Altrimenti se ne assumeranno, di fronte a tutti gli italiani e soprattutto ai loro stessi elettori, tutta la responsabilità.
Il 25 ottobre è stato quindi un avvertimento per il governo. E un avvertimento è cosa ben diversa da una minaccia. Noi abbiamo avvertito il governo che il paese non chiede di essere diviso ma di essere riformato con il dialogo, con la partecipazione, con la persuasione. Non con i diktat quindi, non con gli ultimatum, non con i decreti. Abbiamo avvertito il governo che la situazione economica sia nazionale che internazionale è di una tale gravità che ben presto il blocco sociale che lo ha sostenuto si sbriciolerà sotto i colpi della recessione mondiale.
Il lavoro autonomo non sarà più in grado di fare blocco come è avvenuto fino ad ora. Troppe le diversità di destino. In una situazione vicina all’implosione sociale abbiamo avvertito il governo che farebbe male a considerare come una riserva aurea il consenso maturato nei primi cinque mesi di attività. Quel consenso è volatile come lo sono i corsi azionari.
Lo dimostrano i ripensamenti sulla riforma della scuola elementare come la vicenda della nomina del giudice della Corte Costituzionale. Se si forza la vita istituzionale e politica a colpi di maggioranza il paese si blocca. Se si cerca il confronto e la collaborazione il paese ritrova la sua strada. Oggi possiamo dire con maggiore consapevolezza che la strada che porta l’Italia nel futuro passa per la piazza del 25 ottobre.