“Il web dovrebbe diventare una materia di studio”
(Corriere della Sera, 17 settembre 2013)
Gli smartphone a scuola? “Sì ma con attenzione” è la raccomandazione di Antonello Soro, il Garante della privacy. Intervistato sulle classi 2.0, il Garante annuncia nuove norme contro il cyberbullismo e per l’uso consapevole del web. “Dovrebbe diventare una materia di studio”
I tablet e smartphone a scuola, le classi 2.0: un’opportunità o un rischio continuo per la privacy?
Nuove tecnologie e web rappresentano ormai una realtà con cui fare i conti anche nell’ambito dell’attività scolastica. Smartphone e tablet sono utili, ad esempio, per registrare le lezioni o per fare ricerche. Ma non devono trasformarsi in strumenti di offesa usandoli per diffondere sulla rete video e foto che possono ledere la dignità di compagni o insegnanti.
Si potrebbe arrivare a vietare del tutto l’uso dei cellulari a scuola?
Spetta agli istituti scolastici decidere nella loro autonomia come regolamentare l’uso di questi dispositivi.
Che ruolo può svolgere la scuola per aiutare i ragazzi a non correre rischi in rete?
Esiste una ‘vita digitale’ dei nostri giovani che richiede oramai una educazione specifica. L’educazione digitale dovrebbe diventare una materia di studio fin dalle elementari. La scuola si trova di fronte ad un compito fondamentale: quello di promuovere, insieme a famiglie e istituzioni, la conoscenza delle opportunità e dei pericoli che si corrono in rete e dei danni che si possono provocare. E’ una sfida alla quale nessuno può sottrarsi. Il Garante privacy, da parte sua, ha realizzato una campagna di informazione rivolta ai giovani per sensibilizzarli ad un uso consapevole del web, a partire dai social network. E sta lavorando ad iniziative sul tema del cyberbullismo, anche in collaborazione con il Ministero dell’istruzione.
La cronaca ci racconta sempre più spesso di minorenni suicidi a causa del cyberbullismo …
Il cyberbullismo è un fenomeno gravissimo e per certi versi aberrante contro il quale dobbiamo impegnare tutte le nostre forze. E’ necessario lavorare per rafforzare la cultura del rispetto dell’altro, far capire ai nostri ragazzi che le offese, gli insulti, le derisioni e le minacce in rete sono molto più gravi ed hanno effetti molto più devastanti di quelli portati per strada. Una violenza non soltanto “virtuale”, spesso favorita dall’anonimato consentito da alcuni social network. Occorre far capire ai giovani che i nuovi rivoluzionari strumenti di comunicazione in rete, così popolari tra loro, non possono trasformarsi in vere e proprie armi.