Antonello Soro, presidente dell’Autorità garante per la privacy, è soddisfatto.
Quella della trasparenza è una battaglia che porta avanti dal suo insediamento.
(di Giuseppe Bottero, La Stampa, 9 aprile 2014)
Soro risponde al telefono mentre – ma è una casualità – si sta imbarcando per Bruxelles. “La sentenza della Corte va nella direzione giusta – spiega – quella che auspichiamo da tempo: ovvero una tutela più marcata dei diritti”.
Presidente, perché la sentenza di ieri è così importante? “E’ uno snodo fondamentale, perché per la prima volta mette in evidenza che i dati di traffico non sono informazioni neutre ma rivelano molto di tutti noi, della nostra vita privata. Una conservazione indifferenziata di questi dati per periodi molto lunghi espone quindi a grandi rischi”.
Quanto ha pesato la polemica sul Datagate sulle decisioni dei giudici? “Molto probabilmente un peso lo ha avuto. Ma soprattutto ha influito sull’opinione pubblica, che adesso è più sensibile al tema della privacy. Con la sua decisione, la Corte di giustizia sottolinea l’esigenza che i dati oggetto di conservazione per ragioni di giustizia restino nel territorio dell’Ue. Ed è importante”.
Troppe tutele non rischiano di far passare in secondo pia no la sicurezza? “Non è così, anche se, in effetti, l’asticella si è spostata. Fermo restando la necessità di tutelare i cittadini nella loro riservatezza, quando l’autorità giudiziaria ai fini delle indagini dovesse decidere di conservare ulteriormente i dati potrà farlo liberamente. Ma in modo selettivo, non indeterminato. E soprattutto a decidere sarà una figura terza. Vede, la sentenza di ieri riequilibra due valori, sicurezza e privacy, che in questi anni si erano decisamente disallineati”.
E adesso, che cosa cambia per i governi europei? “Occorrerà una revisione del sistema attuale. Una serie di adeguamenti nel segno del principio di proporzionalità e delle garanzie per i cittadini”.