Soro (Privacy): non serve cambiare stili di vita per avere più sicurezza
(di Arturo Celletti, “Avvenire”, 17 novembre 2015)
“Serve razionalità, non servono reazioni emotive. Non servono slogan e facili equazioni. E cambiare gli stili di vita per garantire più sicurezza rischia, anche in queste ore così drammatiche, di essere solo una facile equazione”. Antonello Soro, il Garante per la privacy, riflette sulle conseguenze degli attentati di Parigi e sui rischi di una compressione delle nostre libertà. “La paura che c’è in queste ore è già un colpo duro alle nostre libertà. Tutti noi oggi ci poniamo domande che fino a venerdì non ci ponevamo. Pensiamo se andare o no a un concerto, allo stadio, se prendere un treno. Ma la sfida decisiva è ridurre i rischi senza ridurre le essenziali garanzie democratiche”
Insisto: molti dicono rinunciare a una quota di libertà per una quota di sicurezza
“Già oggi nessun diritto si esercita in maniera assoluta, senza un bilanciamento con altri interessi, anche collettivi, come la sicurezza. Questo bilanciamento può essere anche modulato diversamente, ma deve garantire un equilibrio ragionevole secondo un sistema democratico. Sarò ancora più chiaro: chi ripropone il dualismo sicurezza-privacy, rappresentando quest’ultima come l’egoistica difesa di un privilegio individuale contro un interesse generale, fa un’operazione sbagliata”.
Che vuol dire?
“In questo primo scorcio di secolo, sia in Usa che in Europa, leggi in favore di una sorveglianza di massa hanno clamorosamente fallito. Non per mancanza di informazioni, ma per una prevedibile impossibilità di analisi. Nella lotta al terrorismo non serve raccogliere dati inutili, ma rendere sicuri quelli raccolti e avere capacità di analizzarli. Pensare di vincere il terrorismo identificando chi va allo stadio o al cinema è senza senso. E non si sarebbe potuto così prevedibilmente identificare chi venerdì notte era al Bataclan di Parigi”.
La minaccia terroristica va però affrontata con un’azione corale
“E noi siamo decisi a fare fino in fondo la nostra parte per una intelligence “democratica” che agisca con efficacia in un quadro di garanzie. Questo è il momento di rendere più intensa l’attività di prevenzione rispetto a un terrorismo che si avvale della rete per fare proselitismo e reclutamento. Ma senza psicosi e senza emotività perché sicurezza non vuoi dire intercettazioni massive e indiscriminate delle comunicazioni di tutti gli italiani”.
Che tipo di collaborazione c’è tra Privacy e servizi di intelligence?
“La nostra intelligence funziona, è un’assoluta garanzia; i nostri servizi hanno strumenti potenti per inseguire ogni profilo di sospetto Ma oggi più che le tecnologie conta l’uomo che sta sul campo. Perché per vincere l’Isis l’attività di intercettazione è utile, ma la conoscenza umana dei rischi che sono in campo è decisiva. Sarebbe illusorio affidare ai soli algoritmi la battaglia contro il terrorismo”.