L’allarme del presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali: “Internet è libero solo in apparenza, di fatto è di proprietà di quattro grandi imprese E sulla tutela dei cittadini: “La disciplina europea c’è, ma può ancora poco”
Intervista ad Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(di Massimo Sideri, “Corriere Innovazione”, 6 aprile 2017)
“Uso la rete tutti i giorni, amo la rete, è molto utile e per molte cose. Sono però aspramente critico sui social media e ho serie preoccupazioni sul fatto che la rete, apparentemente libera e democratica, sia di fatto diventata proprietà di quattro grandi imprese”. Quando lo scrittore Jonathan Franzen diceva queste cose qualche anno fa sembrava un marziano. Il tempo, purtroppo, gli ha dato ragione: l’iperconnessione ha i suoi lati pericolosi. Ma purtroppo se ne parla solo nei momenti drammatici come con il suicidio di Tiziana Cantone. Un caso che rimane da studiare perché è tristemente facile prevedere che ce ne saranno altri. “Si trattava di diffusione illecita di dati personali, la norma permetteva di intervenire. Se avessimo avuto la possibilità dei contenuti in questione immediatamente dopo l’ingresso su Facebook – ragiona a freddo il Garante della Privacy, Antonello Soro - saremmo stati nelle condizioni di richiederne l’immediato ritiro. Ma dopo un po’ questi contenuti vanno in giro per tutto il mondo, entrano nei server di siti anche piccoli che li possono lasciare silenti e rilanciarli a distanza. E questo è un problema che avremo anche con la nuova legge per il cyber-bullismo: l’intervento tempestivo che la legge ci affida è una cosa molto bella a dirsi, ma poi bisogna essere capaci e avere una struttura per attuarlo. Dopo un periodo di inerzia diventa velleitario rintracciare un video con certezza. Tra sei mesi posso rincorrerlo ma poi ce ne sarà un altro e un altro. Prendiamo anche il caso della portabilità dei dati personali: potrò chiedere al social network di spostare i miei pacchetti di informazioni. È bellissimo da raccontare ma richiederà che i soggetti si attrezzino per rendere facile questo diritto. L’architettura è molto bella, la praticabilità richiederà risorse umane ed energie”.
Il governo dei dati personali è ormai chiaramente il dominio di incontro e anche di scontro tra aziende e istituzioni che rappresentano i consumatori. Ma il dibattito sull’esperienza della campagna elettorale di Trump e le grandi elezioni attese in Europa pongono un ulteriore salto di qualità: dal consumatore al cittadino. Quanto è breve il passo?
“Gli over the top, i gestori dei cloud o dei motori di ricerca sono diventati gli intermediari tra produttori e consumatori. Già oggi consumo ciò che solleciti. L’offerta che ho davanti è sempre di più organizzata cercando di cogliere le mie aspettative, ma non è un panel infinito. Questo processo ci influenza molto, dalla scelta del libro fino alla ricerca delle informazioni su chi sei: se ti devo incontrare guardo sulla rete e anche se trovo informazioni irrealistiche non mi viene nemmeno il dubbio che ci siano errori. La rete è fonte di informazione sempre più esclusiva. Questo condizionamento dei comportamenti sociali tende a diventare uno dei caratteri della società digitale e il passaggio dai consumi agli orientamenti politici non è lunghissimo, tende a essere breve”.
La sensazione è che il problema sia ormai stato messo a fuoco dagli osservatori più attenti. Chi sollevava dubbi non è più visto come un agitatore o un nemico del progresso. Però allo stesso tempo le armi delle istituzioni appaiono spuntate o, perlomeno, da raffinare.
“Uno dei motivi del ritardo degli interventi, oltre all’inconsapevolezza, è la natura globale di queste aziende laddove gli Stati non sono globali. L’Europa da questo punto di vista ha segnato una avanguardia perché è riuscita a porre almeno le premesse per una disciplina di protezione dei dati. Non so se riuscirà ancora a svolgere questa funzione, ho dei motivi di pessimismo per il futuro, ma l’obiettivo non può che essere di applicare alla società dei dati un diritto globale, largamente accettato e diffuso. Il nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati si sta diffondendo come modello. C’è, per esempio, l’interesse da parte dell’India. Certo, c’è naturalmente in tutto questo la differente velocità della tecnologia rispetto al diritto che ha i tempi della democrazia e della condivisione”.
Il tema dei dati si intreccia sempre di più con quello della sicurezza informatica. Nel 2016 uno dei grandi dibattiti è quello sul “trade off” tra libertà e sicurezza, stigmatizzato dal braccio di ferro tra Apple ed Fbi. Un problema che crescerà con la diffusione dell’Internet delle cose.
“Uno dei temi più complicati è appunto l’arrivo dell’Iot e anche quello dell’Intelligenza artificiale perché rendono più lontano dalle persone il problema solo apparentemente laddove invece sono un modo terribilmente più sofisticato di circondare le persone. La bambola spia Cayla fermata in Germania è l’esempio di un oggetto apparentemente ingenuo che si può trasformare in una breccia enorme e diventare un software spia come quelli di hacking team. Anche qui il regolamento europeo Privacy by design è uno strumento efficace perché devi rispettare delle regole. Un altro esempio è la smart city: la devi fare in modo che il processo sia trasparente. I dati sono ormai la chiave per il governo della moderna società digitale”.