Il disagio della politica

DC Sardegna, gennaio 1991

 

Gli eventi drammatici che si verificano nel Medio Oriente in questi giorni rendono più acuta la difficoltà della politica e, in qualche modo, anche noi avvertiamo il disagio e la insufficienza delle nostre riflessioni.

Viviamo certamente un periodo di grandi e drammatiche incertezze: sappiamo che la guerra, anche quando appare inevitabile, non è mai giusta e, al termine, non sarà comunque risolto il complesso e intricato nodo dei problemi presistenti.
Riferiamo in altra pagina delle nostre valutazioni di merito.

Eppure non è solo il tragico clima internazionale a creare un’atmosfera di incertezza e di attesa.
E’ in atto nel Parlamento nazionale un confronto culturale e politico sul futuro istituzionale del Paese. C’è chi ritiene ormai esaurita la fase inaugurata con l’emanazione della carta costituzionale, e chi invece come la Democrazia Cristiana, ritiene indispensabile valorizzare ancora, pur correggendoli, il sistema parlamentare e il decentramento amministrativo.
E’ un confronto che ci tocca da vicino.

Tutti i popoli e le regioni con una propria identità culturale debbono sempre guardare con sospetto quelle riforme che, in nome di una presunta maggiore efficienza dell’azione di governo, chiedono di ottimizzare i processi decisionali concentrandoli su una persona sola anche se designata dal consenso popolare.

La storia ci invita ad essere cauti dinanzi a tali proposte, e la nostra cultura ci consiglia di affrontare la via più difficile e più lunga dell’educazione alla partecipazione attiva alla vita politica, rispetto a quella tanto breve quanto stretta di affidarsi messianicamente a questo o a quel capo e alla sua corte.

Ma forse la ragione più acuta della nostra inquietudine risiede nella sensazione largamente diffusa, di vivere una stagione di cambiamenti non tutti dominabili dalla politica.
E’ come se il nostro orizzonte non fosse più certo.
Si sono dissolti tutti, o quasi, gli schemi sui quali abbiamo misurato la nostra militanza.

Gli schemi e i moduli del sistema politico italiano sono, come d’improvviso, rarefatti: il sistema delle alternatività consuete, i moduli dell’appartenenza ideologica, quelli de- ‘aggregazione sociale.

Nessuno può dire che questa che andiamo vivendo sia una stagione qualunque. Conterà allora evitare che la crisi delle ideologie si traduca in una esaltazione del pragmatismo come unica dimensione della politica, evocando con più convinzione le radici morali dei nostri comportamenti e delle nostre scelte, verificando, con rigore, senza infingimenti, il nesso che unisce, ove unisca, la politica alla ispirazione ideale professata.
I cattolici democratici hanno un supplemento di responsabilità ma anche una qualche ragione in più per ritrovare una dimensione etica dell’impegno politico.

Anche l’attività del Consiglio regionale è caratterizzata da un momento non facile. Ci attendono scelte importanti e sarebbe auspicabile un dibattito libero da tatticismi e da pregiudizi, in modo da evitare che ci si confronti in un clima di eccessiva tensione dove furberie, piccole prepotenze od ostilità preconcette avrebbero un ruolo dominante rispetto all’analisi dei contenuti e delle proposte.
Il recente episodio di turbolenza consiliare ha evidenziato il tentativo delle opposizioni di coinvolgere le istituzioni dell’Autonomia in una operazione propagandistica di non elevato profilo.

Si è cercato di utilizzare il conflitto nel Golfo e l’aspirazione diffusa alla pace come occasione per una inconcludente polemica.
Noi abbiamo contrastato questi atteggiamenti, nella persuasione che non sia in corso una competizione fra che manifesta maggiore o minore sensibilità per gli orrori della guerra ma piuttosto una indecorosa strumentalizzazione, per fini di parte, di un sentimento pulito e spontaneo.

E non crediamo che si tratti di un episodio.
Abbiamo seguito con interesse e con fiducia la dichiarata trasformazione del PCI: conserviamo la nostra attenzione, ma non abbiamo colto, alla prima autentica prova, segnali di novità.

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