Intervista ad Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(Di Nicola Pinna, “La Stampa” – 31 ottobre 2017)
Gli strani traffici di Dna in Ogliastra al Garante della privacy non erano passati inosservati. Anche perché alcuni degli anziani che si erano sottoposti ai prelievi avevano chiesto proprio l’intervento dell’Authority, dopo la notizia della vendita dei campioni a una società inglese. E mentre la Procura di Lanusei disponeva il sequestro delle 25 mila provette fatte sparire e poi ritrovate, il garante Antonello Soro ha tentato di bloccare l’utilizzo di tutti i dati biologici dei centenari.
Quanto è alto il rischio che i nostri dati genetici possano diventare oggetto di commercio?
“E più di un rischio. Se è vero che si possono ottenere profìtti dalle ricerche sul materiale biologico degli esseri umani, è altrettanto vero non esiste la proprietà di una biobanca, ma solo il diritto a fare studi sui campioni disponibili”.
A chi fanno gola i segreti del nostro Dna? Come si potrebbe sfruttare?
“L’obiettivo del futuro, su cui si sta già lavorando, è la medicina di precisione. Le ricerche si fondano sulla conoscenza del genoma e sulla possibilità di produrre tarmaci capaci di sconfiggere le malattie personalizzando le cure”.
C’è bisogno di altre modifiche legislative pertutelare maggiormente i dati biologici?
“Le regole ci sono, ma il contesto digitale è in continuo e rapido mutamento. E le normative non riescono ad adeguarsi con la stessa velocità. Un esempio? Su Internet si può acquistare un kit per il test del Dna che consente di svolgere test diagnostici sulla predisposizione ad ammalarsi di determinate malattie, sulla tolleranza ai tarmaci, sulle nostre origini genealogiche. Queste offerte non solo risultano poco affidabili, ma espongono all’uso incontrollato dei dati. Le società hanno sede fuori dall’Unione europea e noi non possiamo applicare le nostre regole”.
Google si appresta a realizzare una grande banca dati genetica: qual è l’obiettivo?
“Quello di allargare il potere di “profilazione”, la vera ricchezza dell’economia digitale. I rischi per tutti noi aumentano, se i colossi del digitale entrano in possesso di informazioni sul nostro profilo genetico, sullo stato di salute, sulle caratteristiche biologiche o la predisposizione a sviluppare determinate malattie. Le informazioni raccolte potrebbero essere appetibili per le compagnie assicurative o per i datori di lavoro interessati a selezionare il proprio personale sulla base delle caratteristiche genetiche, o addirittura per le case farmaceutiche desiderose di testare nuovi tarmaci su soggetti selezionati”.